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Dissonanza cognitiva e allattamento

DISCLAIMER: questo NON è un post su chi non riesce ad allattare, il quanto si parla di “dissonanza cognitiva”, ma soprattutto di comunicazione. Se volete condividere le vostre esperienze sul vostro allattamento (mancato?) ci sono articoli dedicati all’argomento quali: “Non dobbiamo far sentire in colpa le madri che non allattano” e Tutte le mamme hanno il latte. Ma anche no.
Vi consiglio di leggere prima l’articolo che segue e poi tornate qui e leggete quelli linkati qui.

L’altro giorno su una pagina Facebook inglese c’era l’ennesimo post sul latte materno/artificiale. Tra i commenti c’era questo che vi riporto qui di seguito in italiano. L’ho trovato a dir poco folgorante… Chi parla è una commentatrice sulla quale non vi so dire nulla se non che si chiama Wendy

Dissonanza cognitiva e allattamento
Verità difficili – Bugie confortanti

Se si vuole capire perché l’allattamento viene visto in un certo modo è necessario comprendere il concetto di dissonanza cognitiva e capire in che modo si applica a questa situazione. Cito:

La dissonanza cognitiva è uno stato di tensione che si verifica ogni volta che una persona ha dentro di sé due cognizioni (idee, atteggiamenti, convinzioni, opinioni) che sono psicologicamente inconsistenti, come ad esempio, “Fumare è una stupidaggine perché potrebbe uccidermi” e “Ho bisogno di fumare due pacchetti al giorno”. La dissonanza produce un disagio mentale, che va da un leggero stato d’ansia fino a una profonda angoscia per cui immediatamente tutti noi proviamo inconsciamente a ridurre questo stato di disagio.

Parlando nello specifico di allattamento al seno espressioni quali, Voglio dare al mio bambino solo il meglio L’allattamento al seno è la cosa migliore per i bambini si scontrano con Io non voglio allattare creando così uno stato di tensione.

Questo conflitto viene fuori sia a livello di società che del singolo. Alcuni modi per risolvere questo dissonanza culturale possono essere: volevo allattare, ma non ce l’ho fatta – che spiegherebbe l’incredibile tasso di allattamenti falliti nel Regno Unito – e l’allattamento al seno non ha benefici comprovati, per non parlare di è meglio per il bambino non essere allattato al seno se alla madre non piace, in quanto il bambino risulterà emotivamente danneggiato dalla antipatia della madre nei confronti dell’allattamento al seno. A livello nazionale la dissonanza cognitiva la vediamo negli articoli di giornale sui danni alle madri causati dalla pressione di allattare, e discutere la questione in termini di “benefici dell’allattamento al seno”, piuttosto che di “rischi dell’alimentazione artificiale”.

Evidenziare chiaramente ciò che la ricerca medica mostra, senza distorcerla e travisarla per un presunto riguardo verso i sentimenti di donne adulte, non ‘polarizza’ la discussione sull’allattamento. Ciò che polarizza è mediare la ricerca attraverso il concetto di scelta di vita e delle risposte emozionali dell’adulto. Il benessere emotivo delle madri è molto, MOLTO importante, e la possibilità di fare le nostre scelte su come crescere i nostri figli è un nostro diritto fondamentale, ma tutto ciò non può dettare il modo in cui le prove scientifiche vengono presentate nella letteratura medica e nei media.

Se ci sono altri campi dove accade tutto ciò, non li conosco.

Non avevo mai sentito parlare di “dissonanza cognitiva”, ma ripensandoci mi rendo conto di come tutti noi cerchiamo di risolvere i conflitti, grandi o piccoli che siano, razionalizzando le contraddizioni con le quali dobbiamo convivere ogni giorno.

Domande per i lettori:

– Cosa ne pensate dell’accostamento fatto tra la dissonanza cognitiva e il tasso di allattamenti falliti?

– Come suggerite che la ricerca sul non allattamento dovrebbe essere presentata? Quando ne parlate vi fate condizionare dalle vostre scelte ed esperienze?

– Pensate che parlare di allattamenti mancati sia in qualche modo offensivo e non andrebbe mai fatto?

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7 risposte

  1. Credo che la questione sia posta parecchio male. Mi spiego: a mio avviso non c’è nessuna pressione ad allattare al seno, intanto perché allattare è innanzitutto un diritto. E un diritto si rivendica, non si impone. Anche se è un diritto/dovere, come lo è l’allattamento al seno. Perché è un diritto della madre essere messa nelle condizioni migliori per poter allattare al seno ed è allo stesso tempo un diritto del bambino essere allattato.
    La dissonanza che vedo io è più che altro nella comunicazione, non solo in quella pubblicitaria che faceva giustamente notare Isabella, ma anche, cosa ancor più grave, nelle istituzioni, dal consultorio agli ospedali ai pediatri. A questo si aggiungono le difficoltà, queste sì imposte, da una società che pretende di rimandare a lavorare le donne dopo il terzo mese di gravidanza (la maternità facoltativa col 30% dello stipendio e i permessi allattamento sono misure assolutamente insufficienti, nei casi poi dove ciò è praticabile). Addirittura a volte ho sentito dire che allattare al seno sarebbe “radical chic” quando invece anche nei casi di povertà estrema sarebbe la soluzione più vantaggiosa per madre, figlio e società (ma ovviamente non per l’industria del “baby food”)
    La dissonanza evidente quindi è quella nella comunicazione, quando, recitata la formuletta di rito sulla bontà del latte materno, si disattendono nella pratica le linee guida dell’Oms e del nostro stesso Ministero della salute con frasi, apparentemente anche di connotazione positiva o neutra, come “ah, che latte portentoso il suo!” (quindi potrebbero esserci latti non validi, questione di fortuna?); ” Ha abbastanza latte?” (Anche se ho il latte, potrei non averne abbastanza, quindi!), ecc. ecc. Queste sono frasi che con i loro sottintesi avallano errati luoghi comuni diffusissimi nella società per cui sembra che per una donna avere latte a sufficienza e di qualità sia quasi un miracolo, quando invece è la normalità. A ciò occorre aggiungere la famosa “aggiuntina” di latte artificiale buona ad ogni occasione: per scongiurare l’ittero i primi giorni di vita (come è successo a me con mia figlia), se il bambino non cresce come dovrebbe, ecc.ecc.
    La stessa dissonanza c’è per quanto riguarda lo svezzamento, disattendendo sia le linee guida sulla necessità del bimbo di essere allattato “almeno per i primi sei mesi di vita” sia sulla non necessità di introdurre i cibi in un certo ordine.
    Nella nostra società purtroppo il concetto di “libertà” è stato completamente stravolto, così una madre dovrebbe sentirsi “libera” di tornare anche immediatamente al lavoro o di restarci fino all’ultimo giorno se se la sente, quando invece l’astensione per 5 mesi dal lavoro è un diritto, per quanto minimale, spesso negato, così una madre che dovrebbe sentirsi “libera” di non allattare il proprio figlio è molto spesso una donna ingannata a cui è stato tolto un diritto. A lei e a suo figlio.

  2. Io ti ringrazio di porre la questione in questi termini, perché si deve parlarne, e non lo fa mai nessuno.
    Non succede in altri campi, dici. in realtà credo non sia così. La capacità della scienza di indicarci percorsi di benessere psicofisico ha raggiunto solo negli ultimi decenni una simile influenza culturale. Ma noi tutti soffriamo di “dissonanza cognitiva” in tanti aspetti della vita. So che mi fa bene camminare, prendo l’auto e mi imbottiglio nel traffico. So che quella ragazza mi fa soffrire, non riesco a lasciarla. So che se vado a letto presto poi la mattina non ho il cerchio alla tsta, ecc. ecc. E tuttavia non è così semplice,mperché ci sono scelte che facciamo che comportano vantaggi in un senso e svantaggi in un altro. Sembra che le famose “scelte consapevoli” abbiano un senso, quelle cioè fatte con convinzione, che anche se in futuro si riveleranno errori, risultano “errori necessari”, inevitabili per noi a segnare una tappa esistenziale, a definire la nostra identità, a permetterci magari di arrivare da soli alla tappa successiva capaci di non compiere un secondo errore. La scienza si focalizza sulle singole scelte massimizzando il valore del compiere quella giusta. La vita è più complessa. Oltretutto queste faccende diventano ancora più complesse se c’è di mezzo la bioetica. E l’allattamento, così come l’aborto, la contraccezione, la gravidanza e in generale tutto ciò che investe la sfera sessuale degli individui, e in particolare delle donne, è una questione bioetica. Scusa se è poco! Non sono temi che si possono risolvere con uno scarto tra fare la scelta di salute (per chi? da che punto di vista?) e non farla. Allattare controvoglia, caro Andrea, è un abuso sessuale, o forse solo un abuso affettivo, comunque un abuso, come obbligare qualcuno ad abbracciare qualcun altro, a fargli delle carezze, a dargli dei baci. Sono cose che fai se ne hai voglia. E se le fai controvoglia magari avrai assicurato il miglior apporto nutritivo e anticorpale a tuo figlio ma avrai mancato di rispetto a te stessa, e questo ha una ricaduta sul bonding, una ricaduta ben precisa. Oltre a essere a mio avviso un messaggio diseducativo per il figlio, a cui si deve invece insegnare la responsabilità individuale dell’auto-cura. Insomma, sono discorsi complessi e ricchi, è bene iniziare a parlarne 🙂

  3. In quanto a comunicazione riflettevo questi giorni sul sottotitolo della pubblicità di una marca di baby food: “il latte materno è l’alimento ideale e va favorito”. La scelta del termine ideale implica che il LM sia un modo di alimentare irraggiungibile, il migliore tra tanti, forse un po’ meno validi, ma alla portate di un essere umano che vuole dare il meglio ma che non potendo fare l’irraggiungibile (il LM), proprio perché neomamma debole e insicura, sceglie la miglior alternativa, che la rende anche più sicura e tranquilla (come dice poi la pubblicità, che ovviamente non parla di LA ma lo sottintende). Da notare il messaggio subliminale di praticità, felicità del bambino e accettazione sociale. Ovviamente sono un mare di bugie inconsistenti che creano una confusione mentale assurda.

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