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“E se poi prende il vizio?” La recensione.

E se poi prende il vizio?

 

Oggi vi voglio parlare di “E se poi prende il vizio” (link affiliato) di Alessandra Bortolotti, un libro che vuole riportare la maternità in una sfera più naturale e spontanea dove è inutile porsi tante domande o cercare risposte improbabili.
L’autrice spiega che basta semplicemente seguire i bisogni del bambino con naturalezza e spontaneità senza farsi condizionare dalla società che ci circonda (cosa che è più facile a dirsi che a farsi); i figli hanno un bisogno innato di stare a contatto con i genitori e negarglielo vuol quasi dire andare contro la loro (e nostra) natura.

Il libro è pieno di spunti estremamente interessanti e alcuni passaggi sono quasi commoventi. Le testimonianze dei genitori dimostrano come esperienze di genitorialità ad alto contatto esistano nel mondo di tutti i giorni, anche se ci capita di vederle raramente (o forse mai). L’autrice riporta anche i risultati di ricerche e cita moltissimi libri sull’argomento per supportare le idee alla base del libro.

Non posso non citare il capitolo sul sonno che serve a sfatare tanti miti e luoghi comuni che ci circondano enfatizzando come il bambino che si sveglia la notte sia un bambino normale e non uno che debba essere “educato” a dormire.

Detto tutto ciò devo però ammettere che il libro non mi è piaciuto: l’ho trovato estremamente pesante e di difficile lettura e se non mi fossi riproposto di scrivere una recensione per il sito probabilmente non lo avrei mai finito. Il motivo è presto detto: questo è un testo decisamente dal gusto troppo accademico per essere considerato divulgativo; è inframmezzato da continue citazioni e note a pie’ di pagina che ne rendono la lettura pesante; il vocabolario utilizzato è esageratamente tecnico: c’è davvero bisogno di usare avverbi come bioenergeticamente? Bisogna per forza parlare di argomenti specialistici quali la psicogenealogia e l’etnopediatria, per non parlare della psiconeuroendocrinologia (non so quanto ci abbia messo a leggere questa parola…) come se fossero argomenti di cui si parla quotidianamente? E possibile che non si possa descrivere l’effetto nocebo con termini alla portata di tutti? Inoltre questo continuo citare specialisti in varie branche della medicina, pediatria e psicologia non fa altro che distrarre il lettore allontanandolo dal messaggio che si vorrebbe far arrivare e che invece dovrebbe andare diritto al cuore come un’iniezione di adrenalina, senza passare (per rimanerci necessariamente per un bel pezzo) attraverso il cervello. Questa lunga lista di nomi non mi dice niente, né aggiunge alcunché alla comprensione dell’argomento; la bibliografia presente in fondo al libro è più che sufficiente se qualcuno desidera approfondire ulteriormente quanto trattato.

Più di una volta il mio sguardo si è trovato a vagare su una pagina senza davvero leggere cosa ci fosse scritto; in alcuni casi sono riuscito a fare uno sforzo, in altri… ho semplicemente voltato pagina.

Il libro, come ho detto, è sicuramente interessante e degno di attenzione, ma, a chi lo consiglierei?  Non a madre in attesa del primo figlio, in quanto non credo che ne capirebbe appieno il contenuto (assumendo che arrivi fino in fondo). Di sicuro non a chi ha un bambino piccolo, poiché non avrebbe né il tempo, né la voglia di imbarcarsi in una lettura così impegnativa. Forse lo consiglierei a chi ha già un figlio e ne aspetta un secondo (o magari un terzo) e desidera approfondire alcune tematiche; tuttavia questa deve essere una madre già in sintonia con determinate idee. Probabilmente il gruppo che lo apprezzerà maggiormente è formato da chi queste idee già le condivide e desidera trovare ulteriore conferma, ma se così fosse il libro fallirebbe nell’intento che io mi auspicherei, ovvero far conoscere il concetto di genitorialità ad alto contatto a un mondo che in gran parte lo ignora o lo rifiuta.
So bene che la Bortolotti ha un vasto numero di “seguaci” che non saranno d’accordo con tutto ciò, ma posso solo dirvi quella che è la mia opinione. Gli altri vi diranno la loro.

Quello che quest’anno vorrei riceverei da Babbo Natale è E se poi prende il vizio? – Edizione per principianti scritto dalla stessa autrice e con gli stessi identici contenuti, ma con uno stile più libero e accessibile, privo di citazioni e parole difficili.

Questo è un libro importante che va fatto conoscere, ma per fare ciò bisogna renderlo fruibile. Se si semplifica la struttura non si banalizza necessariamente il contenuto, anzi…

Per ultima, la cosa che mi ha sorpreso/deluso di più ovvero l’immagine scelta per la copertina. Vi faccio vedere sia la vecchia che la nuova.

 

"E se poi prende il vizio?" La recensione. – E se poi prende il vizio
A sinistra copertina nuova. A destra, copertina vecchia.

Quando l’ho vista ho pensato (cosa che non dovrebbe sorprendere) che questo libro si sarebbe rivolto (anche) ai padri, ma invece no… i padri vengono menzionati solo mezza volta ed esclusivamente come accessorio per rendere più facile la vita alle madri (niente di male in tutto ciò, per carità). È come dire che sul poster di un film invece del protagonista metto in evidenza una comparsa che si vede solo per un attimo e che non dice neanche una parola. Sono sicuro che lo spettatore rimarrebbe, giustamente, confuso continuando ad attendere l’ingresso di questo fantomatico personaggio, cosa che però non accade mai. Il fatto poi che il tema dell’uomo (oggetto? Simbolo?) in copertina sia stato mantenuto con la nuova edizione del libro fa presupporre che questa sia una scelta voluta e non frutto di una svista, ma me ne sfugge totalmente la motivazione.

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