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Le regole (anche dello svezzamento) sono uguali per tutti

Spesso e volentieri sento o leggo frasi quali:
“Io faccio autosvezzamento, per cui do tutto a mio figlio”
oppure
“Ah, se lo avessi saputo avrei fatto autosvezzamento, così non avrei perso tempo con gli schemini”
Frasi come queste non hanno alcun senso poiché, come vedremo, partono da presupposti sbagliati, per cui raggiungono una conclusione… fallace.

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Il video

In questo articolo voglio chiarire una volta per tutte, che le “regole” sull’introduzione degli alimenti, inizio svezzamento, ecc. valgono per TUTTI nello stesso modo, indipendentemente dal percorso scelto per lo svezzamento. Regole? Ma quali regole, vi starete chiedendo…

Quella che state leggendo è la trascrizione del video (che trovate qui) uscito l’altro giorno sul canale YouTube.
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La confusione che in molti fanno è di identificare un certo percorso con una serie di regole che valgono solo per quel percorso specifico e non per altri, e che i percorsi siano grossomodo equivalenti e interscambiabili. Nel nostro caso abbiamo:
“io faccio svezzamento tradizionale, quindi seguo la tabella del pediatra.”
“Io invece faccio autosvezzamento, allora non ho bisogno di seguire la tabella”;
e abbiamo due possibilità apparentemente equivalenti tra loro.

Questo modo di pensare però non ha e non può aver alcun senso. Non possono coesistere due situazioni dove una è l’opposto dell’altra, ovvero un caso dove c’è un insieme di regole da rispettare e un altro dove le stesse regole possono tranquillamente essere ignorate, il tutto per raggiungere lo stesso obiettivo. Se la tabella di introduzione degli alimenti ha un senso, allora ce lo deve avere per tutti, indipendentemente dal percorso individuale intrapreso. Se invece la stessa tabella di introduzione non ha basi, allora non ce l’ha per nessuno, di nuovo, indipendentemente dal percorso prescelto. Per dire, una cura antibiotica quella è… non è che l’utilità dell’antibiotico possa essere più o meno valida a seconda che uno sia, che so, destro o mancino. Lo stesso vale per l’avvicinamento dei bambini all’alimentazione complementare: le regole, SE ci sono, devono essere per tutti le stesse.

Dell’argomento della validità degli schemi ne ho già parlato e ho scritto fiumi di parole sull’argomento, per cui non mi voglio dilungare qui. Voglio solo reiterare che da NESSUNA parte (di serio) si troverà mai niente di così specifico e che somigli alla classica “ricettina” che alcuni pediatri continuano a distribuire, né esistono elenchi sensati di alimenti da mangiare prima o dopo, o di quantità, o di quello che volete. Uno può anche scegliere di seguire una tabella se lo fa stare più tranquillo, ma non ne consegue che questa abbia niente dietro.

Per dire, esistono molti schemi di svezzamento e se questi schemi avessero un minimo di fondamento sarebbero più uniformi tra loro. Tra l’altro non dimentichiamoci che basta andare all’estero e si scopriranno schemi completamente diversi o anche un’assenza totale di schema. Vi ricordate il video che ho fatto sul baby food britannico? Se non lo avete visto ve lo consiglio; vi dico subito che vi aprirà un mondo, e lo trovate qui in alto o in descrizione. In altre parole, è assodato che non c’è davvero bisogno di seguire un determinato calendario di introduzione degli alimenti o di tempistiche di svezzamento indipendentemente dal fatto che il bambino si svezzi da solo o meno.

Ora vorrei invitarvi a riflettere sul modo con cui comunichiamo.
Facciamo un esempio:
Paola: “Sto seguendo questo schema, ma mi trovo proprio male…”
Francesca: “Allora fai autosvezzamento, così puoi dare tutto!”

In molti, come l’ipotetica Francesca, trasmettono l’idea che l’autosvezzamento sia un qualche metodo “magico” che ti consenta di svincolarti dalle tabelle d’introduzione degli alimenti: “faccio autosvezzamento, quindi non seguo uno schema”.
Invece la domanda da porsi è se il calendario che Paola sta seguendo abbia un senso oppure no. Siccome sappiamo che la tabella di Paola quasi sicuramente non ha fondamenta serie, le possiamo dire di stare tranquilla e rilassarsi, ma il tutto indipendentemente dall’autosvezzamento o da altre considerazioni accessorie.

Frasi più sensate invece sono queste:
Non do tutto al mio bambino perché faccio autosvezzamento, ma LASCIO CHE IL BIMBO SI AUTOSVEZZI PERCHÉ SO CHE POSSO DARGLI TUTTO!
Oppure:
Non è che seguo l’autosvezzamento perché così non perdo tempo con gli schemini, ma SICCOME GLI SCHEMINI SONO UNA PERDITA DI TEMPO, ALLORA LASCIO CHE IL BAMBINO SI AUTOSVEZZI.

La differenza è chiaramente sostanziale in quanto quello che cambia è il rapporto causa-effetto. Siccome sappiamo che tabelle e calendari non servono, siccome sappiamo che il latte è un alimento completo, siccome sappiamo che TUTTI i bambini passeranno a un’alimentazione solida – e queste cose sono vere SEMPRE – allora posso lasciare mio figlio libero di scegliere quando iniziare a mangiare, e quanto cibo solido mangiare. Magari qualcun altro ha paura che il figlio non mangi abbastanza o che non abbandonerà mai la tetta, o altro, allora adotterà un regime più “rigido”, ma questa è una scelta SUA, del genitore, e niente altro.

In questo senso, il pediatra che offre al genitore l’alternativa di uno svezzamento “tradizionale” o dell’autosvezzamento dice quella che è, a tutti gli effetti, un’assurdità. Come può dire a un genitore di seguire una tabella, uno schema, un calendario, o di non seguirli affatto? O una cosa serve o non serve, e siccome sappiamo che non serve…

Esempi di raccomandazioni che valgono sempre e per tutti possono essere:

  • evitare il miele fino a 12 mesi;
  • il latte vaccino in sostituzione del materno o formulato non è adatto prima dei 12 mesi circa;
  • fino a verso i 3 anni è bene prediligere latte e latticini interi; evitare uova, carne e pesce crudi,
    e così via.

NON fanno parte di questo elenco cose quali, introdurre l’alimento X a tot mesi; eliminare la poppata del pranzo a Y mesi; cominciare lo svezzamento intro un tot, e così via. Insomma, le raccomandazioni (o “regole” come qualcuno preferisce chiamarle) si dividono in serie e farlocche. Le “serie” valgono per tutti, sempre. Le “farlocche” sembrano valere solo per alcuni, non si è ben capito perché.

Lo so che in molti staranno dicendo a gran voce che, per centomila motivi diversi, si sentono più tranquilli seguendo uno schema, il che va benissimo, ma allora il pediatra può tranquillamente dire loro di gugolarlo e di trovarsi quello che più gli aggrada, tanto come fai a dire se uno schema è sia migliore di un altro? Se il pediatra comincia a distribuire foglietti con ricettine varie (e QUANTI ne ho visti…), questi assumono un valore che NON hanno e che vanno ben al di là dell’effetto che possono avere sul genitore singolo; è così che si perpetuano i miti.

Ma allora che cosa vuol dire “lasciare che il bambino si autosvezzi”? Un buon punto di partenza è rispondere alle seguenti domande:

  • Chi decide quando il bambino deve passare ai solidi?
    Sappiamo che l’autosvezzamento è un processo orizzontale, non verticale, per cui le poppate vengono piano piano sostituite dal cibo solido, non vengono eliminate una per volta più o meno all’improvviso e arbitrariamente. Quindi chi decide è il bambino!
  • Chi decide che cosa e quanto deve mangiare il bambino?
    Dato che non c’è uno schema d’introduzione degli alimenti e siccome, soprattutto all’inizio, gli assaggi sono minuscoli, è il bambino a scegliere cosa mangiare dalla tavola condivisa con i genitori (ecco la richiesta), anche se si trovassero a mangiare cibo indiano, dopo tutto in India come fanno? Anche per quanto riguarda le quantità, sapendo che il cibo solido è solo un di più, non c’è motivo proprio di pensarci.

In conclusione, il bambino non può mangiare tutto perché si svezza da solo, ma si può lasciare che si svezzi da solo perché può mangiare tutto, cominciando quando vuole e mangiando nelle quantità che vuole. L’autosvezzamento si identifica con l’atteggiamento che i genitori hanno nei confronti del bambino e delle sua competenze, nel fatto che il genitore riconosce che il bambino è competente (così come lo era quando veniva allattato esclusivamente) e che il processo di avvicinamento all’alimentazione solida è un processo naturale che richiede giusto un po’ di buon senso.. Il menu, la presenza o meno degli gli schemi, il seguire o meno una tabella non c’entrano NULLA.

E a voi cos’hanno consigliato?
Vi è stata proposta l’alternativa tra autosvezzamento e svezzamento tradizionale?
Raccontatecelo nei commenti.

Ciao e alla prossima!

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3 risposte

  1. Ho avuto la fortuna di essere stata “indirizzata” verso l’autosvezzamento dal pediatra, che ad un certo punto ci ha dato due fogli: svezzamento e autosvezzamento con relative spiegazioni.. Mi sono innamorata all’istante di quell’affascinante autosvezzamento, libero da vincoli e da tabelle precise.. Non posso sapere come sarebbe andato lo svezzamento classico, so solo che l’autosvezzamento è stato un bel percorso di condivisione e di fiducia reciproca..

  2. Fatta oggi visita dei 4 mesi e mezzo con la pediatra. Non le ho parlato della mia intenzione di seguire la linea dell’autosvezzamento e lei mi ha raccomandato, nell’ordine:
    – di iniziare con la pappa del pranzo e se il bimbo ne mangia solo due cucchiai di non integrare assolutamente con il mio latte perché deve abituarsi a mangiare quello che c’è
    – che al compimento dei sei mesi il bambino dovrà mangiare la pappa a pranzo e cena (perché le linee guida OMS sono fatte per i paesi in via di sviluppo e non per noi)
    – di iniziare a dare biberon di acqua tra una poppata e l’altra già adesso perché il latte materno non è sufficiente ad idratare il bimbo.
    Il tutto correlato da foglietto con ricettina per la prima pappa e menu settimanale. Io prendo, porto a casa e…. cestino!
    Faccio bene o dovrei salvare qualcosa di tutto questo??

    1. L’unica cosa che in parte è “salvabile” è l’acqua, nel senso che mangiando cibo solido si può cominciare a proporre l’acqua (non perché la tetta non basta, ma perché a volte viene sete a metà pasto e non è che sia comodo tirare fuori il bimbo dal seggiolone, dare la tetta, rimetterlo, ecc…)
      Ma non vedo perché un biberon di acqua tra una poppata e l’altra. Durante il pasto, io propongo il bicchierino con l’acqua, ed adesso dopo un mesetto la mia bimba ha cominciato a farsi capire quando ha sete (precisamente, fa la tossetta).

      Il resto è invece secondo me controproducente, obbligare il bambino a mangiare la pappa togliendogli la tetta, può fargli innescare il rifiuto della pappa (che non è più una cosa interessante e saporita ma Quella Cosa che mi toglie l’amata tetta!)
      Dalla mia esperienza ti posso dire che se ha voglia di mangiare, mangia, indipendentemente da quanta poppata ha fatto, e per il momento a fine pasto la tetta la vuole comunque se ci sono io, anche se ha mangiato un sacco. Mentre se è con i nonni (ed io lavoro), allora a volte mangia, a volte, ma sempre indipendentemente dal latte.

      Poi ad esempio per me cominciare dal pranzo sarebbe stato un problema, perché a pranzo spesso ce l’hanno i nonni. E poi perché pranzo? E se il bimbo vuole assaggiare la cena, glielo vieto?

      Se vuoi seguire la linea dell’autosvezzamento, cestina tranquilla, metti il bimbo con voi a tavola, e quando sarà pronto (vedi articoli in merito!) comincerà ad assaggiare, con i suoi tempi e senza problemi.
      La mia ha iniziato a chiedere di mangiare a 5 mesi, ora ne ha 6 e mezzo e mangia qualsiasi cosa, ma in quantità variabilissime. Ci sono giorni che si fa un pasto completo (e poi tetta comunque), giorni che non vuole niente, giorni che mangiucchia, ecc…
      Dare una barriera precisa “da qua in poi” con scadenza è assurdo. E’ come dire che dalla data TOT il bambino dovrà stare seduto… E perché? E poi come fai a dare il limite? E’ un passaggio graduale, poco per volta.

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