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(Auto)svezzamento e la via di mezzo: la paura

paura da autosvezzamento, via di mezzo

In rete si legge con regolarità di genitori che, affetti da “paura da autosvezzamento” si chiedono: “è possibile combinare l’alimentazione complementare a richiesta, o autosvezzamento, con uno svezzamento tradizionale all’italiana? La domanda non può sorprendere dato che in Italia il concetto di “alimentazione complementare a richiesta” è tuttora certamente poco diffuso.

Abbiamo già accennato che l’autosvezzamento si può visualizzare come un passaggio dal latte ai solidi “orizzontale“, mentre quello tradizionale è più “verticale”.

E la via di mezzo? È forse obliqua?

Quando un genitore, i cui amici e parenti hanno seguito grosso modo all’unisono un determinato schema fatto di brodi, farine, ecc., ovvero uno svezzamento tradizionale DOC, si chiede se quella dell’autosvezzamento sia una strada percorribile, cerca spesso una specie di compromesso per evitare di sembrare troppo originale, per non dire “estremista”; in fondo se più o meno tutti seguono una certa strada, devono aver ragione per forza… Insomma, questo genitore ha paura.

Paura da autosvezzamento

Allora mescoliamo i metodi? Beh, in teoria uno può fare quello che vuole, ma in questo caso c’è un’idea di fondo che, se prendiamo per vera, gli altri approcci semplicemente perdono di significato.

Faccio un esempio: la zia Giacomina era molto superstiziosa e il figlio la prendeva sempre in giro dicendo che erano cose senza senso e prive di alcuna veridicità scientifica. Il marito, lo zio Arnolfo, affermava che non ci credeva neanche lui, tuttavia, anche senza raggiungere il parossismo della moglie, non sarebbe andato a cena se era il 13mo a tavola, e se vedeva un gatto nero faceva gli scongiuri.

Ora, dato che non aveva gli amuleti contro le fatture e i talismani portafortuna della zia Giacomina si potrebbe dire che il suo approccio alla superstizione fosse più bilanciato dato che non lo costringeva a rinunciare a tutto, ma era in grado di ritenere quegli aspetti che riteneva più confacenti alla sua personalità. Chiaramente il figlio, il cugino Ernesto, scuoteva la testa quando parlava di queste cose sia con la madre che con il padre… Sarebbe corretto dire che il figlio era intransigente e che il padre aveva adottato la via di mezzo? Direi che, usando le parole di Peppino di Filippo, lo zio Arnolfo era un classico caso di “non è vero, ma ci credo”…

Tornando all'(auto)svezzamento, se si accetta l’assunto che il bambino, dandogliene la possibilità, riesce a mangiare da sé e presupponendo che i genitori mangino in modo equilibrato (e se non lo fanno se ne dovranno prima o poi fare una ragione), il problema non si pone: la “via di mezzo” perde completamente di significato, così come l’approccio più tradizionale… Il bambino che mangia a richiesta si regola da solo in quello che vuole e che non vuole. Il ruolo dei genitori è di assicurarsi che tutto quello che è a tavola sia vario (a medio e lungo termine) e a portata di mano.

Se uno poi dice che dà anche l’omogeneizzato (che non demonizzo, per carità, dato che anche lui presumo abbia la sua utilità) o che frulla tutto perché così gli sembra di comportarsi in modo più equilibrato e perché forse vede il bambino mangiare di più… devo dire che segue la scuola del “non è vero ma ci credo”.

No, non si può avere un’alimentazione a richiesta a comando.

Dare prima la pappa usando brodi, farine e omogeneizzati e poi metterlo a tavola per farlo spizzicare se vuole, non è lontanamente fare autosvezzamento; né è fare autosvezzamento preparare una pappa usando quello che c’è a tavola per poi “somministrarla” al bambino. Questi sono semplicemente esempi di svezzamento “tradizionali” dove si è rilassato il calendario di introduzione dei cibi. In altre parole, l’insicurezza, il timore di sbagliare, i dubbi e la paura ci fanno ritornare sui nostri passi, ma rimaniamo con l’impressione di aver fatto un passo avanti, che ci fa sentire meglio e forse anche un po’ trasgressivi :).

Non che ci sia nulla di male in un approccio del genere, soprattutto se i genitori (e possibilmente il bambino) sono contenti, ma bisogna chiamare le cose con il loro nome; inoltre teniamo conto del fatto che se diamo le pappe, per cui imbocchiamo, ci potrebbero anche essere delle conseguenze per il BMI.

Se il bambino mangia veramente a richiesta, allora facciamo autosvezzamento.
Se sono i genitori a decidere cosa, quando e in che quantità mangiare, allora si fa uno svezzamento “tradizionale”.
Gli ingredienti usati sono secondari: come l’abito non fa il monaco, gli ingredienti (da soli) non fanno lo svezzamento.

E la via di mezzo? In questo caso è semplicemente un’illusione.

Ma se ci sono problemi (forse più) oggettivi, tipo nonne, suocere, nidi, ecc, come facciamo? Di questo parleremo a breve.

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