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Cucinare con il vino: quanto ne rimane nel piatto?

alcol negli alimenti, cucinare con il vino

Molte ricette consigliano l’utilizzo di vino o altre bevande alcoliche per conferire al piatto finito un odore particolare. Anche io di tanto in tanto lo uso perché trovo che in alcuni piatti stia molto bene. Dopo tutto, come si fa a cucinare un piatto di vongole senza sfumarle con un po’ di vino? La domanda che però in molti si pongono è se l’alcol evapora completamente oppure no, ovvero se rimanga dell’alcol negli alimenti. Io ho sempre creduto che evaporasse facilmente, ma c’è un articolo che dice che non è così.

(Purtroppo l’originale è al momento dietro un paywall. Qui trovate delle informazioni. Il titolo originale è: Augustin J, Augustin E, Cutrufelli RL, Hagen SR, Teitzel, C. 1992. Alcohol Retention in Food Preparation. Journal of the American Dietetic Association).

Alcol negli alimenti – cottura con il vino

NB: quello riportato sembra essere l’unico articolo sull’argomento. Nonostante sia datato 1992, non ho trovato niente di più recente. Anche i risultati proposti sono abbastanza approssimativi  in quanto hanno cucinato alcuni piatti e poi ne hanno misurato il contenuto alcolico, ma in mancanza di meglio lo possiamo usare come punto di partenza.

Per questa ricerca, effettuata negli USA, sono stati cucinati sei piatti che riflettono la tradizione culinaria americana. Tuttavia non ha molta importanza se sono pietanze che non conosciamo in quanto quello che interessa, più che il piatto stesso, sono il metodo e la durata della cottura. Il dato importante che è stato registrato è la quantità di alcol negli alimenti finiti. I piatti sono stati cucinati diverse volte e i risultati paragonati tra loro.

I piatti sono:

  1. Brasato, ovvero carne cotta in pentola, con aggiunto un bicchiere di vino, per circa 2,5 ore a fuoco basso
  2. Pollo all’arancia – del vino rosso è stato aggiunto negli ultimi 10 minuti di cottura a fuoco basso
  3. Ostriche senza guscio coperte di pangrattato e burro, e bagnate con del vino – cottura al forno per 25 min.
  4. Torta Alexander con brandy (Dolce con biscotti e una specie di gelatina) – Il liquore viene aggiunto all’acqua calda quando si prepara la gelatina, quindi non c’è una cottura vera e propria, ma c’è una refrigerazione di diverse ore.
  5. Ciliegie Jubilee: queste sono ciliegie al liquore su del gelato. Al momento di servire si fa un flambé.
  6. Salsa al Grand Marnier – una specie di crema pasticciera a cui alla fine, una volta spento il fuoco, si aggiunge del Grand Marnier.

Le percentuali di alcol negli alimenti sono le seguenti:

  1. Brasato: 4-6%
  2. Pollo all’arancia: 10-60%
  3. Ostriche impanate: 41-49%
  4. Torta Alexander: 70-77%
  5. Ciliegie Jubilee: 77-78%
  6. Salsa al Grand Marnier: 83-85%

Immediatamente vediamo che la refrigerazione (4) non è una tecnica efficace per rimuovere l’alcol, così come aggiungere l’alcol a cottura ultimata (6). Interessante per quanto mi riguarda è il flambé (5) che riesce a eliminare solo una piccola parte dell’alcol. Nell’articolo spiegano che il motivo è che non appena la concentrazione di alcol scende sotto una certa soglia, piuttosto alta, la fiamma si spegne immediatamente.

Per quanto riguarda il piatto di ostriche al gratin (3), gli autori sono rimasti sorpresi che così tanto alcol fosse rimasto nel piatto finito. Per spiegare questo fatto hanno fatto diverse ipotesi: il forno, essendo secco, è meno efficiente della bollitura a fuoco basso per far evaporare l’alcol; l’alcol era stato aggiunto quando la pentola era appena tiepida e poi sono stati aggiunti altri ingredienti freddi, abbassandone le temperatura e riducendo il tempo effettivo di evaporazione; il pan grattato potrebbe aver facilitato il mantenimento di un po’ di alcol.

Il metodo di cottura più efficace è certamente quello del brasato (1), ovvero la cottura prolungata a fuoco basso, ma anche in questo caso è stata rilevata una piccola percentuale di alcol negli alimenti finiti. Tuttavia tra tutti i metodi di cottura questo sembra il migliore, se quello che ci interessa è eliminare l’alcol il più possibile.

Molto interessante è anche il pollo all’arancia (2) in quanto c’è una grandissima variazione di percentuale. A quanto dicono gli autori, questo è probabilmente dovuto alle dimensioni della padella utilizzata. Semplicemente passare da 25 cm a 30 cm ha consentito di diminuire drasticamente la quantità di alcol residuo. Quindi se vogliamo assicurarci che ci sia poco alcol nel piatto che portiamo in tavola utilizziamo una pentola larga.

Di tutti i metodi suggeriti di utilizzo del vino in cucina, utilizzo principalmente quello descritto nel brasato, ad esempio per un ragù o uno spezzatino. Ogni tanto metto del rum nei dolci e, anche se ne rimane “parecchio”, continuerò a farlo (metto circa 20 ml di rum in una torta, quindi se dimezza durante la cottura vuol dire che in una fetta ne troverò circa 1ml). Tuttavia c’è un aspetto che mi fa pensare… manca un metodo di cottura a mio avviso fondamentale, ovvero l’utilizzo del vino quando la padella è molto calda e priva di liquidi, per poi lasciarlo asciugare e solo dopo aggiungere altri liquidi – come faccio nel caso delle vongole o della pancetta per una carbonara. Questo è sicuramente il mio metodo preferito e basandomi su quello che dicono gli autori dell’articolo citato mi sento abbastanza sicuro che praticamente la totalità dell’alcol sarà evaporato. Forse ne rimarrà un pochino imprigionato nel cibo, ma dubito che sia tanto. Poi quando viene diviso tra 4-6-8 persone, allora davvero le dosi saranno talmente piccole da essere, per me, trascurabili.

Per dare un po’ di contesto a tutti questi numeri, nell’articolo dicono che il contenuto di alcol, in grammi, dei piatti elencati è quanto segue:

  1. Brasato – 0,2
  2. Pollo all’arancia – 0,4-0,6
  3. Ostriche impanate – 1
  4. Torta Alexander – 2-3
  5. Ciliegie jubilee – 2
  6. Salsa al Gran Marnier – 1

Invece a tavola beviamo:

  • 340 ml di birra – 12,8 g di alcol
  • 100 ml di vino – 9,3 g di alcol

Quindi, riassumendo, se vogliamo assicurarci di diminuire il più possibile la quantità di alcol negli alimenti che mangiamo:

  1. se possibile, prediligiamo tempi di cottura lunghi e
  2. utilizziamo pentole/padella larghe e basse, e non alte e strette.
  3. se la ricetta lo consente, aggiungiamo il vino “a secco” lasciandolo evaporare completamente prima di aggiungere altri liquidi.
  4. Se per noi è importante che non ci sia alcol in quello che mangiamo, allora è meglio non utilizzarlo affatto.

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8 risposte

  1. Quanta disinformazione che fate. Ma interpellate un centro di alcologia territoriale (Noa) e che magari vi chiarisce le idee ed evitate di scrivere simili cazzate

  2. E’ un dobbio che ho avuto spesso anche io cucinando e nel dubbio, tante volte, ho rinunciato ad aggiungere alcolici. In casa mia l’alcol è quasi uno sconosciuto, nei dolci non lo uso mai, ma quando avanza una bottiglia dopo un pranzo in compagnia di bevitori, rimane lì in attesa di qualche risotto, scaloppina o altro. Leggendo questo articolo mi sono tornate in mente le parole di Lucio Piermarini nel suo famoso libro, dove mette in dubbio la nocività di un piccolo assaggio di vino durante la scoperta dei sapori. Mi è sempre rimasto il sospetto che fosse più una provocazione… Articolo come sempre molto utile. Grazie anche per i consigli dei commenti!

  3. Ciao 🙂
    Io uso la tecnica non citata nei dati, quella che usi tu ovvero a gas alto, pentola calda, assenza di altri liquidi, un goccio di qualcosa(variabile fra vino -birra o anche spumante), si vede che fa una fumata alta e poi non si sente più neanche l’odore…

    Anche secondo me ne rimane pochissimo…

    P.s.Secondo i vari studi dovremmo quasi privarci di tutti i piaceri della tavola….
    Io penso che un po’ di buon senso non guasti mai….
    Mica si sfuma tutti i giorni 😉

    Ciao oooo

  4. Io utilizzo la tecnica suggerita nei sui libri di cucina da Allan Bay: prima di utilizzare il vino lo metto in un pentolino e lo faccio bollire per 5 minuti. In questo modo l’alcol, essendo più volatile, evapora subito (ci si accorge mettendo la faccia sopra il pentolino e annusando) e rimane solo la parte acquosa e aromatica. Così facendo si evita il retrogusto acidino e amarognolo che talvolta permane nelle pietanze, e i bimbi sono salvi 😉

    1. Hhhmmm… non so. A leggere l’articolo linkato quanto suggerito non è sufficiente. Ci vuole molto di più per far evaporare tutto l’alcol. Però vallo a sapere. Bisognerebbe effettuare una misurazione per vedere quanto ne rimane.

  5. Interessante. Unico caso che mi interessava non c’è, e cioè la sfumatura del riso per fare il risotto. Però leggendo quanto aggiungi, mi sento abbastanza tranquilla. D’altronde per me è impossibile fare un risotto senza vino, piuttosto rinuncio ☺

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