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(Auto)svezzamento e la via di mezzo: chi ci circonda

autosvezzamento al nido
Autosvezzamento con i parenti: delle volte sembra davvero di stare affrontando una corsa a ostacoli invece di una cosa… normale.

Nell’articolo (Auto)svezzamento e la via di mezzo: la paura abbiamo parlato delle paure e dei dubbi che possono cogliere un genitore all’inizio dell’autosvezzamento. Però come fare quando il genitore è convintissimo delle sue scelte, ma chi gli sta intorno – parenti, amici, nonni, baby sitter, ecc – fa ostruzionismo? Vediamo cosa succede se vogliamo che nostri figlio faccia autosvezzamento al nido, oppure come gestire l’autosvezzamento con i parenti.

Chiaramente ci dobbiamo preoccupare solo di chi deve tenere il bambino all’ora dei pasti; amici e parenti che blaterano, ma che non si occupano del bambino in prima persona possono continuare a farlo senza problemi 🙂

Autosvezzamento con i parenti

Per primi occupiamoci dei parenti: supponendo che abbiamo chiaro in mente cosa sia l’autosvezzamento e dato per scontato che non vogliamo perseguire una fantomatica via di mezzo, come ci regoliamo se i nostri genitori/suoceri, che ci tengono i bambini mentre siamo a lavoro, si oppongono con tutte le loro forze a un tale approccio?

I nonni hanno tirato su la loro famiglia 20-30-40(!) anni fa, quando i valori erano diversi, quando si riteneva bello e buono solo quello che era industriale e i bambini era meglio tenerli a distanza altrimenti non te li saresti mai scrollati di dosso.

  • Probabilmente credevano e credono fortemente nei loro principi tanto quanto noi, genitori oggi, crediamo nei nostri. 
  • Non si può pretendere che una persona, magari di una certa età, cambi idea in modo radicale abbracciando di punto in bianco un concetto come quello dell’autosvezzamento, quindi, in questo caso, la cosa migliore potrebbe essere lavorare in modo discreto e rispettoso per educare chi bada ai nostri figli e magari accettare dei compromessi, auspicabilmente temporanei e non vedere il tutto come una corsa a ostacoli.
  • Dobbiamo ricordare che – anche se i figli sono i nostri, decidiamo noi come tirarli su, ecc. ecc. – non si può pretendere che terzi vadano contro ciò in cui credono se non con riluttanza. Sicuramente un tale atteggiamento verrebbe percepito proprio dal bambino, per cui è probabilmente meglio una pappa in serenità che dare un pezzetto non frullato facendo gli scongiuri 🙂

Detto questo, ci sono degli accorgimenti che possiamo utilizzare: per esempio possiamo cominciare a spiegare per tempo ai nonni cosa intendiamo fare e provare a fargli leggere qualche articolo introduttivo (ad esempio questo sito 🙂 ), fargli vedere i nostri video e, una volta iniziato, invitarli a pranzo/cena il più possibile per mostrare loro direttamente come funziona l’autosvezzamento. Insomma, un approccio soft e collaborativo, anche se poi chiaramente dipende da caso a caso.

Da quanto vedo sulla nostra pagina Facebook (siete iscritti??), e per esperienza personale, i nonni non aspettano altro che di potersi vantare dei propri nipoti con la vicina, gli amici, i negozianti, ecc. Lavorare su questo punto potrebbe essere la chiave per averli dalla propria parte!

Detto ciò ci sono alcuni punti sui quali non transigerei a nessun costo: si mangia a tavola; niente messe in scena “purché mangi”; se non vuole mangiare, pace; se vuole il latte, assecondiamo; se non è interessato ai solidi, va bene ugualmente; il cibo non deve essere usato per dare premi o impartire punizioni; niente schifezze, così almeno mi mangia, ecc. Queste, e altre questioni puramente di buon senso, per altro applicabili non solo all’autosvezzamento e che ogni famiglia saprà individuare secondo le sue esigenze, vanno seguite senza eccezione e se il prezzo andrà pagato a suon di omogeneizzati… così sia. Nel frattempo lavoreremo sull’educazione dei nonni.

Autosvezzamento al nido

Sul discorso autosvezzamento al nido leggo soprattutto su altri forum che per essere ammessi in alcuni nidi i bambini devono essere per forza svezzati. Devo dire che non capisco come si possa avere una regola del genere… se il bambino (come fanno in tanti) rifiuta categoricamente di mettere in bocca niente altro che non sia il latte fino a n mesi, come si fa a convincerlo a mangiare una pappa? Tra l’altro non capisco perché dovrebbe essere più facile dare una pappa invece di un biberon.

In ogni caso, è difficile parlare di queste politiche senza parlare con il personale in prima persona per cercare di capire il perché di tanta intransigenza. Spesso però ho l’impressione, magari del tutto infondata, che il tutto si basi su un semplice “si è fatto sempre così, quindi perché cambiare?”

In ogni caso, supponiamo che il bambino mangi più o meno con gusto: se il nido, magari per seguire una regola imposta dall’alto, insiste a dare le pappe a bambini al di sotto una determinata età, non ce ne facciamo un problema. I piccoli sanno adattarsi alle diverse situazioni in cui si trovano più di quanto a volte ci aspettiamo, per cui, se all’asilo insistono con la pappa in dosi e formati prefissati, ma a casa fate autosvezzamento, non ci saranno problemi: l’ambiente del nido, della mensa, del cibo scolastico è talmente diverso da quello familiare che difficilmente faranno confusione. Al massimo cominceranno a pretendere di mangiare da soli anche all’asilo. 🙂

In conclusione, credo che coloro che si occupano dei nostri figli per qualche ora al giorno (parenti, nido, baby sitter) non possano rappresentare un problema insormontabile per il “nostro” autosvezzamento e qualora non riescano a seguire questa strada, facciamocene una ragione. Dopo tutto, non per questo ci verrà impedito di tirare su i nostri figli come crediamo meglio; la famiglia del bambino siamo noi, non i nonni, il nido o chi per loro. Siamo noi, i genitori, a essere la presenza costante nella loro vita.

Chi ci dà una mano svolge un ruolo diverso dal nostro, che sia una figura temporanea come quella di un’educatrice, o costante ma di diverso valore come quella di una nonna. Se i nonni remano contro, raddoppiamo i nostri sforzi a casa assicurandoci di condividere la tavola e il cibo con i nostri figli; presentiamo loro un menu vario e diamo loro il buon esempio. E se questo vuol dire che anche noi ci troveremo a dover moderare/migliorare, vorrà dire che ne gioveremo TUTTI.

Alla fine anche chi fa lo jettatore si dovrà ricredere. 🙂

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(Tutti i post che esplorano la “via di mezzo” sono disponibili qui.)

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9 risposte

  1. Se ho di fronte qualcuno che mi ascolta spiego che lo stomaco è pronto, che masticano anche senza denti, che esplorare il cibo per loro è fondamentale così come provare consistenze e sapori diversi, che le allergie sono comunque facilmente arginabili e grazie agli assaggi -quindi piccole quantità- dovrebbero comparire in maniera attenuata e che sono pochissimi gli alimenti davvero da evitare…
    Ma se vedo che sono prevenuti faccio spallucce e continuo per la mia strada.
    E se mi dovesse capitare di lasciarla per un pasto a qualcuno che non condivide l’as? Beh per una volta anche se mangia una pappa non succede niente… L’importante è che nessuno la obblighi a mangiare!

  2. Pure i miei familiari sono così…e sai una cosa? È mia figlia e me la cresco come voglio io…quindi..me ne frego!!

  3. Io spesso cito e citavo Piermarini. Una lotta continua con mio padre che non diceva altro che e lo stomaco e si strozzano etc. Infine anche se abbastanza tardi loro avevano circa 11mesi ho portato mio padre ad un incontro propio con Piermarini e devo dire che dopo ha cambiato atteggiamento.

  4. Sul “problema” nonna abbiamo già parlato… Vedrai che le cose si aggiusteranno da sole. Se poi proprio insiste, mandala da me 😀

    Sul “problema” che ti sei creata tu… hai ragione, il problema te lo sei creata tu, ovvero ti sei creata il problema che tua figlia è allattata e non prende il biberon. Ma il problema è solo nella tua mente. Perché dovrebbe essere un problema?

    Considerati invece fortunata che tua figlia ti ha preferito al biberon, e come darle torto:)

    Non so che orario farai e quante ore consecutive starai fuori, comunque non ti preoccupare… tua figlia non si lascerà morire di fame. Spesso si è letto sul forum di bambini che hanno smesso di prendere il latte durante il giorno per poi rifarsi più che ampiamente la sera/notte/fine settimana.

    Non ti far prendere dall’ansia. Certo il fatto che dive tornare a lavoro non è certo ideale, ma rassicurati che tua figlia non morirà di fame.

    Fai una ricerca sul forum; usa stringhe quali “ritorno al lavoro” o cose simili e troverai molti post sull’argomento. Oppure postane uno nuovo e vedi che testimonianze ti giungono.

  5. io devo rientrare a lavoro il 16 aprile ad un mese scarso dall’inizio del AS e mi troverò anzi già mi trovo ad affrontare due problemi: la reticenza al limite dell’ostruzionismo della nonna e il rifiuto del biberon di mia figlia.
    riguardo al primo problema anche io sto cercando di percorrere la via del coinvolgimento ma per ora è dura. Vedo che in assoluto la maggior difficoltà sta nell’accettare l’assenza di misurazioni precise, il non sapere “quanto mangia”, legato ovviamente al timore che non preda abbastanza cibo, che proprio non riesce a superare, è molto molto radicato il concetto del fare di tutto purché finisca la quantità prevista ed è molto difficile appunto venire meno alle proprie convinzioni.
    Il secondo problema un poco me lo sono creato, non insistendo nei mesi passati di fronte al suo convinto rifiuto del biberon (comunque pieno di latte materno), non avendone necessità non ho insistito ed ora ne pago le conseguenze, sto provando con il bicchiere ma ne prende troppo poco

  6. Perfettamente d’accordo con Linda. Mia figlia al nido mangia pastina e frutta frullata, a casa mangia frutta intera e maccheroni. Ora stanno facendo un rito di passaggio alla frutta intera, lei non ha avuto difficolta’.

  7. Quando ho iscritto mio figlio all’asilo ho ‘preteso’ solo che non lo forzassero mai a mangiare.
    Sono convinta che il nido/asilo sia l’ultimo posto di cui in AS ci si debba preoccupare sempre che riusciamo a convincere le educatrici a non intromettersi fra il cibo e l’istinto di autoregolazione del nostro bambino.
    Io, poi, visto che in quel periodo aveva superato l’anno (ma da poche settimane aveva iniziato a terminare, più o meno, alcuni pasti) fui anche contenta che essendo un Montessori, favorissero l’autonomia a cui lui tiene molto.
    In ogni caso, salvati questi aspetti, sono convinta che mangiare con altri bambini solleciti il loro istinto d’imitazione e non comprometta i nostri intenti, che il cibo sia frullato, sminuzzato o no.
    Infatti, sia per logica che secondo la mia esperienza, influisce più il clima sereno e di fiducia che si crea durante i pasti che il menu.

    1. Sul “forzarli” mi sentirei abbastanza tranquillo, non tanto perché al nido ritengano sbagliato farlo, ma semplicemente per mancanza di tempo da parte di chi deve “somministrare” il cibo.

      1. Eh, ma a scanso di equivoci…!
        Comunque nel suo asilo in quel momento c’erano 2 maestre con 5 bambini a pranzo. In realtà per ‘forzarlo’ spiegai bene che intendevo anche solo mettergli il cucchiaio davanti alla bocca e insistere un po’.
        Nell’asilo del grande, a suo tempo, per quanto più numerosi sarebbe stato necessario precisare questo: sapessi come volavano aereoplanini intorno alla sua boccuccia.
        Ma allora lo ritenevo erroneamente un ccomportamento normale e saggio!

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