Quando ero in attesa del mio terzo bimbo, non avevo dubbi sul fatto che avrei introdotto i cibi solidi in modo naturale: dando fiducia al mio bimbo, cogliendone i segnali e promuovendo un approccio autonomo verso l’alimentazione. Avevo “autosvezzato” i miei primi due figli ed era del tutto naturale, per me, procedere così anche col terzo. Ma Giorgio è nato con la sindrome di Down (o Trisomia 21). Una condizione genetica che spesso comporta ipotonia muscolare, ritardo cognitivo ed una conformazione della bocca particolare: palato piccolo e lingua grande (macroglossia) che protrude. Paroloni grossi che mettono paura. E l’autosvezzamento?
Possono queste caratteristiche portare limiti all’alimentazione, al punto di impedire un corretto autosvezzamento? Io credo di no. Per un semplicissimo motivo: la sindrome di Down esiste dalla notte dei tempi, ben prima che il Sig. Down le desse il nome. Ma anche l’autosvezzamento esiste dalla notte dei tempi, ben prima che il nostro mondo fosse invaso dalla prassi dello svezzamento anticipato, dal baby food, dagli omogeneizzati e dai biscottini che si autodistruggono a contatto con la saliva umana.
Esistono casi di persone con trisomia 21 documentati in ogni luogo della terra e in ogni epoca. Il Mantegna, nel ‘400, ritraeva le sue Madonne con in braccio un Gesù “trisomico”: come mai sarà stato nutrito questo dolcissimo Gesù bambino? Dove avranno trovato, tutte quelle Madonne, il latte artificiale super-vitaminizzato, gli omogeneizzati pronti o i frullatori per triturare l’impossibile? E le pappine di mais e tapioca? Introvabili, direi!
La risposta possibile era una sola: in un’epoca in cui (mi piace pensare) la sindrome di Down era conosciuta solo come una condizione di estrema innocenza, tanto da esser degna di raffigurare il volto di Gesù bambino, lo svezzamento dal seno avveniva introducendo cibi solidi, non appena il bimbo fosse in grado di afferrarli e portarli alla bocca. Banale e semplice, vero?
E infatti l’autosvezzamento è semplice e banale. Fa tutto la Natura.
Ciò che è terribilmente difficile è, per noi adulti, mollare il bisogno di intervenire sempre e comunque. Triturando, sminuzzando, convincendo (“fallo per mamma, fallo per papà”) facendo aeroplanini e teatrini. È difficile ammettere di non essere poi così indispensabili. Rinunciare al ruolo di demiurgo. A maggior ragione se fra le braccia stringiamo un essere che reputiamo, a torto o a ragione, più debole e più bisognoso del nostro intervento.
Difficilissimo cedere, poi, sul controllo del corpo dei nostri figli ed ammettere che mangino ciò di cui hanno bisogno. Poco o tanto che sia.
Ritornando a noi, ad oggi posso dire che l’autosvezzamento di Giorgio procede benissimo. Siamo ancora all’inizio e non scrivo volutamente quanti mesi ha, perché se è vero che ogni bimbo ha i suoi tempi, per i bimbi con sindrome di Down è ancor più vero. Ma voglio raccontare come sono andate le cose.
Ad un certo punto Giorgio ha cominciato a reggere il tronco ma solo con sostegni e ad afferrare gli oggetti per portarli alla bocca: la presa era forte ma discontinua e spesso gli oggetti cadevano dalle mani dopo pochi secondi. Il riflesso di estrusione era ancora molto presente, anche probabilmente a causa della macroglossia. Sembrava, pertanto, che i segnali non fossero tali da giustificare l’introduzione di cibi solidi.
MA… lui aveva un gran fame! Non chiedetemi come facevo a saperlo, ma lo sapevo. Ero forte dell’esperienza degli altri due figli. E convinta del fatto che il ritardo motorio, legato alla sindrome, non significasse tout court non esser pronto. Infatti sgranava gli occhi e sbavava ad ogni mia forchettata. Si buttava in avanti, spalancando la boccuccia.
Così ho iniziato a fargli assaggiare qualcosa con le mie mani. Lui è impazzito dalla goduria e il mio cuore scoppiava di gioia ad ogni boccone. Una gioia folle ed indescrivibile, la stessa che ho provato con la sua prima poppata (nonostante abbia allattato altri due figli).
Giusto per sdrammatizzare: mi sentivo come Gene Wilder in Frankenstein Jr quando grida “SI PUÒ FARE!”
Ho notato delle differenze con gli altri due figli, in positivo ed in negativo. La macroglossia lo porta a non masticare ancora bene il cibo: in compenso lo spiaccica, egregiamente, fra lingua e palato. La conformazione caratteristica del cavo orale gli fa ingoiare benissimo (posso dire meglio degli altri due figli?) pezzi di cibo anche piuttosto consistenti. Anzi, domina meglio i pezzetti grandi che non quelli scivolosi e piccoli. A volte il cibo gli fuoriesce dalla bocca, ma non è perché lo sputa. È sempre per via della lingua che protrude. Eppure, da quando mangia, anche questo aspetto sembra migliorato. La zona orale infatti viene stimolata naturalmente, con evidente vantaggio per la tutta la muscolatura oro-facciale.
La padronanza della mano, nell’afferrare, aumenta di giorno in giorno ed è evidente che la gratificazione che ne consegue (mangiare) stimola moltissimo l’istinto di afferrare e la durata della presa.
Giorgio finora ha già assaggiato tantissime cose ed ha le sue preferenze. È allegro e felice (cosa che più conta). Non viene mai forzato nel mangiare. Mangia spontaneamente e con gusto. L’alimento principale rimane, ancora, il latte materno.
La nostra è solo un’esperienza ed è, naturalmente, come un granello di sabbia nel deserto. Non ho alcuna pretesa di generalizzare. Ho voluto solo condividere il nostro percorso volto a raggiungere l’autonomia di Giorgio, con la giusta dose di fiducia nelle sue capacità.
Fiducia ed autonomia: due parole che aiutano ad annullare i paroloni altisonanti e spaventosi citati prima!
E, in chiusura, con la leggerezza ed il sorriso che contraddistinguono questa mia terza maternità, mi lascio andare ad una facile frase “d’effetto”:
più fiducia ed autonomia, anche con la trisomia!
4 risposte
CONGRATULAZIONI GIORGIO! E Congratulazioni a te Giulia per l’Amore che trasmetti ai tuoi figli e la carica che in fondi! Che la tua testimonianza sia di incoraggiamento per tutti noi! Il modo in cui ti esprimi rende questo racconto unico e speciale!!! Mi hai emozionato e fatto riflettere su più punti.GRAZIE DI CUORE PER QUESTA CONDIVISIONE.
Giulia
Interessante esperienza, grazie per averla condivisa. Anche se non ho un figlio Down credo che quello che tu hai scritto sia utile per tutti.
Fantastico il bambin Gesù down, non l’avevo mai visto!
Grazie . Anche io credo molto nell’autosvezzamento che considero una delle esperienze più gratificanti della mia maternità (dopo l’allattamento)!