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Una voce fuori dal coro: mamma autosvezzante con bambino inappetente

autosvezzamento e inappetenza

Spesso si legge di bambini che grazie all’autosvezzamento si mangiano il loro piatto e quello dei genitori, e di genitori “pentiti” del percorso fatto con le pappe con fratelli o sorelle maggiori che da sempre sembrano inappetenti. Oggi vi voglio portare la mia esperienza di autosvezzamento e inappetenza.

Autosvezzamento e inappetenza

La mia storia è proprio così: mio figlio è un autosvezzante da sempre, ma è stato “inappetente” fino a circa i due anni e mezzo – tre.

Non tutti gli autosvezzamenti sono rose e fiori, il nostro è stato come un percorso ad ostacoli con giornate (che si contano sulla punta delle dita) in cui mangiava (e per mangiava intendo dire che andava oltre l’assaggio di un cibo, al di là di quanto ne mangiasse) e molti di più (quasi tutti) in cui saltava il pasto (a discapito della mia linea e di chi dice che allattando si dimagrisce!!).

Ora ha 3 anni e 1/2 e posso dire che si nutre, nel senso che mangia quello di cui ha bisogno, che a giorni è metà piatto, mentre altri è il primo, il secondo e tutto il resto che c’è.

Ora posso dire di conoscere i suoi gusti e di sapere in base al menù se quel giorno mangerà tutte le portate del pasto (perché c’è qualcosa che gradisce) o se salterà qualcosa (in genere il secondo).

Per questo credo che la nostra esperienza sia importante da condividere con chi sta per intraprendere questa strada, perché non si trovi dopo un po’ a pensare: ma dove ho sbagliato? Perché mio figlio non mangia sebbene io abbia scelto l’autosvezzamento?

Noi ci ritroviamo a dire, come fanno molto genitori reduci di svezzamenti alla carta, che lo svezzamento di Fabio è stato faticoso. Lo è stato non tanto in termini di gestione pratica (del tipo: cose da pulire dopo il pasto) perché questo è comune a tutti gli autosvezzanti, quanto in termini di vivere il pasto pensando: ok, oggi cucino anche per lui o solo per me? Cosa che è andata avanti per mesi, anche in presenza dei suoi piatti preferiti ci sono stati scioperi della fame e ancora me ne chiedo il motivo.

Pur non avendo mai cercato di farlo mangiare a forza mi ritrovo un bambino ostinato col cibo e radicato nelle sue abitudini. Pur avendo sempre cercato un’alimentazione sana per lui se a colazione non ci sono i biscotti industriali piuttosto beve solo il latte e snobba ogni tipo di cosa casalinga.

In tutto questo il latte non è mai mancato, a volte razionalizzato per motivi logistici, ma la quantità di latte in termini di numero di poppate o di lunghezza delle stesse è sempre stata ininfluente.

Ma alla fine di tutto devo ammettere che non mi sono mai pentita della scelta fatta, del resto se un bambino assaggia un pezzo di polpetta a basta perché non ama la carne (come il mio), può almeno riempirsi la pancia con la pasta, se invece gli avessi proposto il piatto di farina con dentro l’omogeneizzato di carne non credo che sarebbe stato più gradito, probabilmente avrebbe lasciato tutto il piatto ed a questo punto non avrei neppure potuto dire: lo lascio per stasera a cena, ma avrei dovuto buttare via tutto.

Bisogna sempre ricordarsi che autosvezzamento e inappetenza non sono in antitesi. L’uno non preclude l’altro, ma possono coesistere, anche se forse parlare di “bambino inappetente” forse tradisce il nostro retaggio culturale da svezzamento “tradizionale”. Al solito sono le nostre aspettative a deluderci, mentre i bambini di fame di sicuro non si lasciano morire!

Quindi alla fine di questo lungo, tortuoso percorso a che si domanda se sia meglio l’autosvezzamento o lo svezzamento tradizionale, credo ancora che valga la pena puntare sull’autosvezzamento.

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17 risposte

  1. Sono un po’ scoraggiato ma, a quanto pare, ogni qualche mese mi si ripresenta la necessità di riordinare i concetti di base.
    Con l’alimentazione complementare a richiesta (terminologia che mi sembra ormai indispensabile utilizzare di regola, almeno in questo sito), con l’ACR, dicevo, né in alcun altro modo che non si avvicini alle tecniche di produzione del “fois gras”, nessun bambino mangerà mai più di quello di cui ha fisiologicamente bisogno, e il suo specifico fabbisogno non lo conosce nessuno: lo si può conoscere solo dopo che ha mangiato spontaneamente (l’allattamento al seno insegna!), e la variabilità è molto ampia sia da bambino a bambino, sia nello stesso bambino nel corso del tempo.
    Il giudizio di “inappetente” dato ad un bambino sano nasce dall’ignoranza di quanto sopra, cioè dalla non congruenza dei reali bisogni di quel bambino con le aspettative del tutto teoriche di molti pediatri e, ahinoi conseguentemente, di molti genitori.
    L’ansia relativa ad una possibile inadeguatezza nutrizionale induce la famiglia, spesso inconsapevolmente, a mettere in atto strategie persuasorie che non fanno altro che
    1) ignorare la componente fondamentale della “richiesta” (mangiare o meno è un problema suo)
    2) manipolare la disponibilità dei cibi “purché mangi” (a scapito della varietà)
    3) compromettere la capacità di autoregolazione dei bambini (in meno o in più)
    4) far diventare il cibo moneta di scambio (se mangi ti do…)
    5) attribuire al bambino la responsabilità di un problema che non esiste (non mi mangia!)
    In conclusione, l’ACR aiuta a diminuire le probabilità che tutto questo avvenga.
    Che sia il caso di aggiungere all’apertura del sito un banner sintetico ma esplicativo di questi concetti?

    1. @Lucio Piermarini Questi sono i concetti di base, ma che fare se un bambino ad esempio rifiuta a priori le verdure? L’alimentazione bilanciata non va a pallino? Ma a parte questo il “problema” è che ci son bambini autosvezzanti che si rifiutano di mangiare certi alimenti (a volte tanti) e in tal caso che fare? Io ad esempio adoro il risotto con i piselli, se lo cucino per tutti va a finire che ne butto un terzo!!! Che faccio non lo cucino per lui? Se il bambino a tavola davanti al risotto ai piselli chiede un altro cibo, che fare? Lo si costringe almeno ad assaggiare o gli si propone una via di fuga lasciandogli davanti il risotto e aspettando che magari prima o poi assaggi guardando il nostro esempio? Qui il problema è più pedagogico che alimentare. Nel mio caso specifico al nido dove frullano alla perfezione tutti i condimenti mangia tutto e fa il bis.

      1. ilariad79 Non posso essere categorico perché eccezioni alla norma ce ne sono sempre state ma, normalmente, un bambino autosvezzato rifiuta qualcosa presente a tavola perché “per strada”, un po’ ogni volta senza rendersene conto, si è derogato da quanto ho cercato di puntualizzare. Questo avviene per una infinità di motivi di cui ho già scritto più volte qui e altrove, ma soprattutto perché di fronte a inevitabili (prima o poi) e fisiologiche riduzioni dell’appetito scatta la preoccupazione, altrettanto inevitabile e fisiologica, di farlo mangiare, da cui tutto il resto. Molte frequentatrici di questo sito hanno già affrontato e risolto questo problema proprio ritornando al rispetto dei criteri iniziali dell’introduzione di cibi solidi.

    2. Il titolo del mio articolo è stato un po provocatorio, non me ne voglia Dott Piermarini, ma con quello che ho scritto ho voluto appunto portatre la testimonianza di un bambino autosvezzato che non mangia come un lupo, come spesso si sente raccontare nel blog o nel forum. Mi pare a questo punto che non avrei potuto scegliere titolo migliore vista l’attenzione che ha attirato!

  2. ecco il tuo post mi ha sollevata un po’. Perché Filippo che ora ha tre anni e che non allatto più da gennaio è sempre stato difficile, con periodi migliori e periodi peggiori. Abbiam sempre fatto AS dai 6 mesi ma è maggiore il numero di cibi che non mangia rispetto a quelli che mangia e del latte vaccino non vuole saperne (pazienza non me ne cruccio). La sua colazione consiste in mezzo bicchiere di succo di frutta e uno o due biscotti. L’unico luogo dove mangia tutto, ma proprio tutto facendo il bis è il nido 0-o dove tutti i condimenti sono tra l’altro frullati e non riconoscibili nel piatto. Al nido si mangia una pasta condita con frullato di broccolo e patate ma anche la facessi a casa uguale non la mangerebbe. A questo punto mi chiedo se io non abbia sbagliato qualcosa. Fin’ora se non voleva un piatto passavo al secondo o magari gli offrivo una via di fuga (stracchino o ceci per esempio) e talvolta poi di sua spontanea volontà assaggiava il resto, ora mi sono stufata: mi son stufata di dovere fare sempre primo e secondo, mi son stufata che rifiuti a priori un piatto che magari altre volte ha mangiato, mi sono stufata che non voglia mangiare ciò che passa il convento. Ma il problema è passi il digiuno a pranzo ma a cena non mi va che vada a letto digiuno che non sia mai si svegli in piena notte con la fame. Che fare? consigli? Help….

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