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Mangiare cibo di stagione e a Km 0 (specialmente se vivi all’estero)

Verdura autosvezzamento

La nostra è un’esperienza limitata al Nord Europa (per chi non lo sapesse viviamo in Scozia) e sicuramente un emigrato in Sud America o in Asia si trova ad affrontare la questione in maniera totalmente diversa, ma lo stesso mi è venuta l’ispirazione per questo post quando l’altro giorno, chiacchierando sulla nostra pagina Facebook con altri emigrati qui e là per il mondo, qualcuno ha detto una cosa tipo:

Ogni volta che si parla di verdure a km 0 e di stagione io sto zitta… che devo dire? Qui se voglio mangiare un pomodoro per forza non è né di stagione né coltivato dietro l’angolo…

Eh sì… è vero, anche io quante volte mi sono tappata la bocca o non ho trovato davvero niente da dire perché per me mangiare a Km 0 e/o di stagione significherebbe non mangiare altro che patate, cipolle e cavoli tutto l’anno o quasi (beh, per lo meno per tutti i lunghi mesi invernali); significherebbe non mangiare i piatti nazionali italiani che ci piacciono tanto e che fanno tanto casa; significherebbe scordarsi i pomodori, quelli con un briciolo di sapore, e – se proprio vogliamo essere fiscali – scordarsi alcuni dei capisaldi della nostra cultura alimentare. Ma si sa… quando si emigra si viene colti da strane forme di patriottismo, la cultura di origine assume sfumature e un fascino che prima non vedevamo, e in particolare sentiamo la necessità di rimanere attaccati a quella alimentare.

Questa settimana mi sono regalata una cosa che desideravo da tanto: un bustone di verdure prodotte da una fattoria non lontana (ma ben oltre gli 0 km, eh, diciamo 80). Come verdure di base disponibili tutto l’anno conteneva patate, cipolle e carote. Poi ci sono le verdure di stagione e a noi sono toccate: 1 broccolo, 1 piccolo cavolo cappuccio, un sacchetto di topinambur e una misteriosa manciata di fave (presumo di serra). Certo, è quasi inverno, che vuoi pretendere, ma il punto è che quassù la verdura che cresce in loco è davvero molto poco varia lungo tutta l’arco dell’anno. D’estate va un po’ meglio , soprattutto perché è la stagione delle bacche e qui si sguazza tra fragole, lamponi e chi più ne ha più ne metta. Ma la verità è che, se non avessimo la possibilità di comprare cibo d’importazione, la nostra dieta sarebbe quella che è stata la dieta locale per centinaia di anni: poche verdure, moltissimi tuberi, molta carne, avena, latte e derivati.

Per farvi un’idea confrontate la tabella della frutta e verdura stagionali nella zona dove viviamo (cliccate su “Download calendar) noi con quella italiana (ma italiana di dove?).

A volte mi fa sorridere quando sento parlare di differenze tra la mitica dieta mediterranea e le abitudini di tanti popoli del nord europa: noi continentali siamo stati graziati da un clima fantastico che ha regalato ai nostri avi una grande quantità di cibi, ma altrove non hanno avuto la stessa fortuna. E se la nostra cultura alimentare è così predominante , ricca e bilanciata è dovuto principalmente a questo. Ma se non ci fosse importazione di massa, quassù vivremmo ancora di patate, burro e broccoli.
La salute globale può prescindere dall’esportazione/importazione?
E a quelli che coltivano le cose perché le possiamo mangiare noi cosa diciamo? No grazie, non le vogliamo più? Sai quanto sono contenti (come i produttori delle arance che vedete nella foto) di trovarsi senza lavoro.

Mangiare cibo di stagione e a Km 0 (specialmente se vivi all'estero) – mangiare
Arance sudafricane. Sono migliori o peggiori delle italiane o delle spagnole?

E poi chiaramente iil discorso vale anche all’inverso: se noi dobbiamo promuovere una spesa a Km 0, i prodotti italiani non si possono più esportare: verdure, vini, formaggi, ecc. devono rimanere in Italia, anzi nella regione di produzione. I quanti sarebbero contenti di tutto ciò?

Tutto questo mi ha fatto molto riflettere sull’importanza dell’importazione, su quale deve essere stato il motore di cotanto movimento e un sacco di altre sfumature.
Mi sono chiesta spesso a che serve comprare a km 0: a sostenere l’agricoltura locale? Ma se per comprare un cespo di insalata “locale” devo prendere quella che nasce nel sud dell’Inghilterra a centinaia di Km da me, allora tanto vale che compro italiano e sostengo la mia nazione… Vuol dire inquinare meno? Ma se devo prendere la macchina e fare 40km all’andata e 40 al ritorno per andare al mercato della frutta e della verdura invece che scendere al supermercato sotto casa, che senso ha? Serve a guadagnare in salute, a mangiare meglio, più nutriente? OK, forse, ma se non ci arrivo in termini di praticità e di soldi, come risolvo la questione?
Ditemi un po’ voi che ne pensate.

Insomma, comprare in maniera perfetta, super etica ecc… sarà senz’altro possibile anche se vivi all’estero in un clima relativamente freddo, ma se devo essere proprio onesta io la vedo difficile a meno che non si sacrifichino molti aspetti della propria vita che uno si porta dietro dal paese di origine e a cui, in genere, non si vuole (e, aggiungerei, non si deve) rinunciare. Soprattutto mi sembra, ahimè, riservato a pochi. Insomma, è forse un classico problema da primo mondo?

Ma se comprare bene non è sempre possibile (per stile di vita, disponibilità ecc), comprare meglio si può. Ovvero c’è spazio per migliorare.

Alcuni suggerimenti per comprare meglio?

  • Da noi esistono queste fattorie che fanno le consegne a domicilio, per esempio. Costano di più del supermercato (ma come disse qualcuno… questione di priorità).
  • Procuratevi una tabella come quelle linkate in alto e studiatevela un po’. Aiuta a capire cosa portarsi a casa dal supermercato.
  • Una volta al supermercato, leggete da dove proviene la frutta e la verdura e cercare la roba prodotta in loco.
    Giuro che mi è capitato di trovare mele TUTTE straniere. Ma come faccio allora?? Provate a cambiate negozio, a volte i miracolo accade.
  • Attaccatevi a internet, chiedete ai vicini, interrogate i colleghi e cercate un mercato nella vostra zona. La varietà, da quel che ho potuto vedere, è decisamente più ampia e soprattutto… niente pere impacchettate di 4 in 4!!
  • Se andare a fare la spesa al mercato a 40 km è troppo dispendioso, cercate qualcuno con cui condividere il viaggio e la spesa, fare turni o dividere la consegna a domicilio del saccone di biologico più grande e più conveniente.

Alcune volte trovare il mercatino (noi ci abbiamo messo 4 anni), scovare la fattoria o il produttore di formaggi locali semplicemente non è possibile, in questo caso… che dire, mettiamoci l’anima in pace. Di sicuro quello che si trova al supermercato (anche se super impacchettato e importato dall’altra parte del mondo) è comunque buono e fa bene, specialmente se ci ricordiamo di variare la nostra diete, che è sempre la cosa più importante.

Adesso tocca a voi (specialmente agli altri emigrati): come ve la cavate con la spesa?

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41 risposte

  1. Mi sembra un po’ troppo. la consegna a domicilio di una cassetta grande mista frutta e verdura con un peso indicativo di ca. 10-12 kg, a me viene, tutto compreso, 29,00 €. Sta sett avevo dentro fave, insalata verde, radicchio rosso, mele, pere, puntarelle, carote, arance, cavolo violetto, finocchi, pomodori e qualcos’altro

  2. che bello che questo post è apparso proprio di venerdì. di solito è il giorno in cui mi allungo (neanche 500 m) fino al banchetto che montano gli imprenditori agricoli davanti al centro commerciale. hanno: patate, carote, cipolle, cavoli vari, sedano rotondo, rape rosse, porri, mele e qualcosa di altro. in alternativa prendo frutta e verdura in una specie di mercato coperto che ha di tutto (ma ci devo andare in macchina quindi passo…) o se ho proprio fretta al supermercato. 

    riguardo al “di stagione” “km o” “biologico”: per la stagione purtroppo ne so poco, mi piace andare dai contadini perché almeno vado sul sicuro. in generale cerco prima di fare il meglio con quello che trovo a “km pochi”, tra le due alternative scelgo sempre la locale o la non impacchettata. se poi non ne posso più di vedere mele e patate la melanzana me la compro, possibilmente di stagione. i pomdori li compro di provenienza il più lontano possibile, quelli locali non ti accorgi se mangi il pomodoro o la plastica che lo contiene.

  3. stasera con calma elaboro, ma per ora dico sono d´accordissimo con l´articolo, trovandomi in una situazione simile. Si fa del proprio meglio, ma a certe cose non rinuncio 🙂

  4. se non c’è un gruppo di acquisto solidale vicino casa vostra e vi interessa la cosa potete fondarlo se siete già 4-5 persone o anche meno, fate qualche gita a scovare aziende che vi piacciono e organizzate consegne e ordini via mail o come vi pare…3 anni fa eravano in 5/6 adesso siamo quasi 40 famiglie, mangiamo bene, pochi imballi, prodotti locali, bisogna dividersi un po’ i compiti ma va a finire che stare insieme per dividersi la spesa poi è anche divertente e ci scappano pure delle occasioni di merende, aperitivi ecc ecc….

  5. Biokistl Francesca? 😉 Ecco, qui in Sudtirolo non ci possiamo lamentare sul bio e sul km 0, è anche politica per i menù di tutte le mense scolastiche locali, fra un po’ ti tirano dietro la roba e iniziative come GAS o aziende che ti portano a casa la cassetta di frutta e verdura di stagione si sta moltiplicando qui da noi

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