Autosvezzamento.it
Cerca
Close this search box.

Tigers: la nostra recensione

Tigers Ayan
Ayan (interpretato da Emraan Hashmi)

Ieri pomeriggio siamo andati a Glasgow a vedere Tigers, che veniva proiettato all’interno di Take One Action, un festival cinematografico che si occupa di tematiche di carattere sociale volte a sensibilizzare il pubblico.

Il film, una coproduzione franco-indiana, è stato girato prevalentemente in Pakistan, dove si svolge gran parte dell’azione e perciò è principalmente in hindi e urdu (non so se in Italia verrà doppiato). Il regista è il bosniaco Danis Tanovic, già vincitore del premio Oscar per il miglior film straniero con No man’s land.

La trama

Protagonista è Ayan – interpretato da Emraan Hashmi, un bello di Bollywood – rappresentante di prodotti farmaceutici che riesce a farsi assumere dalla Lasta, un’azienda immaginaria che in verità rappresenta la Nestlé, per promuovere la loro linea di latti artificiali. Parte integrante del suo lavoro è conquistare la fiducia dei medici e delle infermiere che lavorano a contatto con madri e bambini nei vari ospedali e diventare loro amico offrendogli regali personalizzati e denaro. Instaurando un rapport personale con il personale sanitario, quest’ultimo – un po’ per ricambiare il favoro, un po’ semplice questione di fiducia personale, si sente naturalmente spinto a rescrivere i prodotti Lasta alle madri, a scapito non solo di alter marche di latte artificiale, ma soprattutto del latte materno. Inoltre Lasta e’ una ditta occidentale, rappresenta il progresso, la ricchezza, l’avanguardia: quale genitore non vorrebbe tutto questo per un figlio?

All’inizio va tutto bene. Ayan fa bene il suo lavoro, è stimato sia negli ospedali che all’interno della Lasta, e riesce a guadagnare abbastanza da garantire una vita confortevole alla sua giovane famiglia. Ma quando un suo ex cliente, il Dr. Faiz, tornato da un’esperienza presso l’ospedale di Karachi, gli mostra quanta morte e disperazione il suo latte artificiale stia disseminando tra i bambini Pakistani, tutto cambia. Ayan rassegna immediatamente le dimissioni e decide di denunciare l’operato di Lasta al mondo intero.

Il resto del film racconta le enormi difficoltà che Ayan ha incontrato per cercare di fare “la cosa giusta”.

Commento al film

Il film dura circa 90 minuti e riesce a mantenere sempre un buon ritmo e non annoia mai. L’utilizzo di una “cornice” narrativa, che se ho capito bene è stata aggiunta in un secondo momento, aiuta a capire meglio gli aspetti legali che ruotavano intorno al timore che la Nestlé potesse far causa ai produttori del film.

Lo svolgimento del film è forse scontato, ma non per questo meno interessante. La sceneggiatura poteva essere curata un po’ meglio – mi riferisco ad esempio a una battuta sugli anticorpi del latte materno che sembra essere stata messa con l’unico scopo di fare una lezione di scienze allo spettatore – per non parlare della conversione miracolosa del protagonista in meno di un minuto; inoltre il film termina in modo, direi, improvviso senza offrire una conclusione vera e propria. Queste però sono piccole cose; il film non sarà un capolavoro della cinematografia mondiale, ma è sicuramente interessante da vedere.

Tigers Sayd
Sayd, il vero protagonista della storia (che nel film si chiama Ayal)

Le tematiche del film

A mio avviso qui è dove si trovano il punto di forza e al tempo stesso il punto debole del film.

Il tema centrale è che in Pakistan la popolazione non ha accesso ad acqua potabile, per cui l’utilizzo di latte formulato con acqua potenzialmente molto inquinata può essere deleterio. È fuor di dubbio che un crescente utilizzo di latte formulato sia costato la vita a molti bambini. Patti Rundall dell’IBFAN dopo la proiezione ha raccontato che in Pakistan negli anni ’80 moriva un bambino ogni 20 secondi per disidratazione. Successivamente, grazie al miglioramento delle leggi, si è passati a uno ogni 30 secondi e ora è uno ogni 40 secondi. Il problema quindi, anche se non se ne parla, è ancora attualissimo – infatti al termine del film ci dicono che alcuni filmati che ritraggono bambini ricoverati per disidratazione risalgono agli anni 80-90, mentre altri sono stati girati appositamente nel 2014.

Il film inizia con l’audio di un’udienza in cui un senatore americano (mi sembra Bobby Kennedy) chiede a un manager della Nestlé se sia lecito che in un paese dove non c’è accesso ad acqua sicura si commercializzi un prodotto come il latte in polvere e quali siano le responsabilità sociali dell’azienda in questo senso. Messo alle strette il manager risponde che l’azienda non puo’ prendersi responsabilità in questo senso. Lo stesso scambio si ripete quasi parola per parola più avanti all’interno della narrazione, tra il giornalista che vuole rendere pubblica la storia di Ayan e un manager della Lasta. Tutto ciò è volto a suscitare nello spettatore una reazione di sdegno che però, all’interno del film, non credo sia giustificata. La maniera in cui il problema è stato posto è che i casi di malnutrizione erano dovuto solamente all’utilizzo di acqua inquinata e che, in soldoni, risolvendo questo problema non ci sarebbe stata più ragione di lamentarsi. Ma allora alla berlina assieme al produttore di latte artificiale ci dovevano essere i medici, le infermiere e i farmacisti che si sono lasciati corrompere, ma soprattutto il governo pakistano per non aver messo a disposizione della popolazione acqua potabile, tuttavia questi protagonisti sono in secondo piano.

Il punto cruciale a mio avviso è che per il film il problema è l’acqua inquinata, non l’utilizzo di latte formulato. Difatti, vedendolo dal punto di vista del mondo occidentale, la conclusione che possiamo raggiungere è che tutto ciò, per quanto interessante, non ci riguarda da vicino; dopo tutto noi abbiamo accesso ad acqua pulita in tutte le case.

Il film ci mostra che la multinazionale corrompe i medici, ma il film fallisce nel dimostrare che la multinazionale abbia effettivamente una responsabilità “sociale” e che il latte formulato non andrebbe venduto dove non c’è accesso ad acqua potabile. Dopo tutto il film non mostra madri che vengono convinte a non allattare tramite operazioni di marketing, anzi non ne fa minimamente cenno. In questo senso, e all’interno della realtà del film, non vedo come si possa incolpare Lasta delle tragedie che sono avvenute. Personalmente incolperei gli operatori sanitari che hanno operato sapendo quello che facevano.

In questo senso Tigers in occidente può addirittura diventare un film pro-formula perché l’UNICO problema che evidenzia rispetto a un utilizzo di massa del latte formulato non è presente da noi.

Le tecniche che l’industria usa per ingraziarsi gli operatori sanitari in Italia e in Pakistan sono probabilmente molto simili – dubito che in Italia regalino cioccolatini, ma la logica che c’è dietro mi aspetto sia la medesima –  ma certamente il risultato finale è molto diverso: in Pakistan si muore, in Italia no.

Come possiamo applicare il messaggio di questo film alla nostra vita? Che impatto può avere questo film su di noi, sulla NOSTRA società? Noi che viviamo dove il problema dell’acqua potabile non e’ un problema e in cui la povertà non raggiunge livelli tali da suggerire alle madri di andare a risparmio sul numero di misurini di latte in polvere da aggiungere all’acqua? Non rischiamo di dire “poverini… pero’ non e’ un problema nostro”?

A dire la verità, non mi è chiaro. Ci vengono mostrati esempi di cosa può accadere se l’industria e’ libera di manipolare la sanità a suo piacimento, ma possiamo mettere sullo stesso livello gli incontri sponsorizzati dalle ditte di latte artificiale in Italia e in Pakistan?

Ho posto questa domanda anche a Patti Rundall la quale mi ha risposto che è perfettamente cosciente dei limiti di questo film, sulla produzione del quale l’IBFAN non ha avuto alcun input specifico – se non quello di far aggiungere la battuta sugli anticorpi del latte di cui vi parlavo prima. In pratica i produttori e il regista hanno scelto di evidenziare UN aspetto, quello sicuramente più facile da trasmettere al grande pubblico, a scapito degli altri.

Il verdetto

Se vi aspettate una versione moderna della storia di Davide e Golia, una storia sui sacrifici che possiamo essere chiamati a fare se vogliamo fare “la cosa giusta” e su come un uomo solo possa fare la differenza,  rimarrete pienamente soddisfatti.
Se invece andrete con l’idea di trovare un messaggio pro-latte materno, credo che rimarrete delusi.

Una curiosità: alla proiezione c’erano solo una sessantina di persone, un quarto delle quali erano uomini. Interessante che tutte le domande tranne 2, di cui una completamente fuori tema, le abbiano fatte proprio loro.

ARTICOLI CORRELATI

ISCRIVITI e ricevi SUBITO
in OMAGGIO
la NUOVA EDIZIONE dell’ebook,
“E SE SI STROZZA?”

IN PIÙ IMPARA
QUELLO CHE C’È DA SAPERE CON IL
MINICORSO

COS’È L’AUTOSVEZZAMENTO E PERCHÉ È DAVVERO PER TUTTI.
Con oltre 140 ricette per TUTTA la famiglia

Una risposta

  1. Mi chiedo se in Itlaia verrà distribuito.
    Comunque a me è stato detto che le direttive OMS erano valide per i paesi in via di sviluppo, dove c’è poco cibo e l’acqua non è potabile :-/

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ISCRIVITI E RICEVI IN OMAGGIO LA NUOVA EDIZIONE DELL’EBOOK:
“E se si strozza?”

IN PIÙ IMPARA QUELLO CHE C’È DA SAPERE CON IL MINICORSO
SULL’AUTOSVEZZAMENTO!