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16 evidenze scientifiche dell’autosvezzamento

Analizzare le evidenze scientifiche dietro l'autosvezzamento
Autore: Niabot (opera propria) [CC-BY-SA-3.0], via Wikimedia Commons

Oggi ospitiamo Sandro Bianchi, un pediatra perugino che, come noi, è un fervente sostenitore dell’autosvezzamento. Sandro, nell’articolo che ha cordialmente scritto per noi, ci accompagnerà lungo una carrellata velocissima delle evidenze scientifiche presenti in letteratura concernenti vari aspetti dell’autosvezzamento. Al termine troverete tutti i riferimenti bibliografici in caso vogliate approfondire ulteriormente alcuni degli argomenti trattati.

Se invece vi interessa il rischio del soffocamento, vi rimando all’articolo dove parlo di uno studio randomizzato sul rischio di soffocamento.

Quando il collega e amico Lucio Piermarini nel lontano 2002 iniziò a parlare e scrivere circa l’alimentazione complementare a richiesta, il mondo pediatrico rispose con grande perplessità. Lucio non demorse, ma convinto della forza delle evidenze che sostenevano questo nuovo modo (forse meglio dire antico…) di divezzare i bambini e della sua disarmante efficacia nella pratica quotidiana, fece germogliare in me la curiosità di provare. Lo staccarmi da diete scritte, proposte per oltre 20 anni a tutte le famiglie che avevo incontrato, suscitò in me un po’ di timore e paura per come le famiglie dei miei piccoli pazienti avrebbero potuto comportarsi di conseguenza. Devo dire però che da quel momento ho completamente abbandonato i foglietti (prestampati) con i consigli per il triste momento delle pappe con le farine di riso o di mais e tapioca (ma che cos’è questa tapioca? mia nonna avrebbe approvato? o mi avrebbe detto con sguardo accigliato “ma cosa dici…ma cosa fai?”).

Nel corso degli anni lo studio delle evidenze scientifiche mi ha sempre di più confortato e supportato, e ho condiviso questo stato d’animo con tante famiglie che si sono sentite libere e che hanno goduto di bambini felici e autonomi.

Lucio, dall’alto della sua grande competenza, sostiene che non esistono, ancora, evidenze certe che l’alimentazione complementare a richiesta, possa determinare in futuro una minore incidenza di sovrappeso, obesità e diabete mellito tipo 2, ma iniziamo ugualmente questa breve carrellata per capire quali evidenze scientifiche sono alla base dell’autosvezzamento. Per chi volesse approfondire leggendo gli articoli originali lascerò in calce la bibliografia di riferimento.

Sommario delle evidenze scientifiche

– Il momento della vita intrauterina, la prima infanzia e il periodo prescolare sono stati tutti considerati come possibili periodi critici durante i quali la regolamentazione a lungo termine del bilancio energetico può essere studio di strategie di prevenzione e di intervento. Gli autori di questi studi definiscono alcuni fattori di rischio per determinare il sovrappeso e l’obesità infantile; uno fra questi testimonia che l’introduzione di cibo solido prima dei 6 mesi di età può essere un importante fattore di rischio di sovrappeso ed obesità (1; 2; 3; 4).

– Un gruppo di esperti ritiene che l’età di introduzione degli alimenti complementari non determini un importante impatto sulla velocità di crescita di peso e lunghezza del bambino. Tuttavia alcuni dati suggeriscono che una ritardata introduzione negli allattati esclusivamente al seno (dopo i sei mesi) potrebbe determinare una riduzione del peso e che, viceversa, una introduzione precoce, da 3 ai 4 mesi di vita, potrebbe determinare un aumento del peso con possibili conseguenze negative a lungo termine riguardo un aumentato rischio di sovrappeso ed obesità, diabete mellito di tipo 2 e malattie cardiovascolari in età adulta (5).

– L’introduzione precoce di cibi solidi in un lattante (da 3 ai 12 mesi) sotto forma di cibi commerciali rispetto ai cibi fatti in casa non altera la crescita né la composizione corporea durante il primo anno di vita. Ma i bambini che consumavano cibi fatti in casa presentavano un minore introito di calorie da proteine e grassi senza alcun effetto sulla crescita o sulla composizione corporea (6).

– Alcuni lavori non hanno documentato alcun beneficio, in termini di crescita, atteso con i cibi commerciali per bambini rispetto ai cibi fatti in casa, ciò significa che l’alimentazione complementare a richiesta con i cibi di casa determina un apporto energetico e proteico più adeguato alle necessità del bambino e che, a lungo termine, potrebbe determinare un utile strumento per ridurre l’incidenza di sovrappeso ed obesità in età adulta (7).

– La ormai famosa ricercatrice Clara Marie Davis, nel lontano 1939, concluse un importante studio sulla auto-selezione della dieta del bambino. Il cibo non veniva offerto direttamente al bambino. L’indicazione per l’infermiera che accudiva il bambino era di stargli tranquillamente seduta davanti con il cucchiaio in mano, senza fare alcun movimento. Quando il bambino allungava la mano o indicava un cibo, l’infermiera poteva prendere un cucchiaio e, se il bambino apriva la bocca, offrirglielo. Tutti i bambini, al termine dello studio, selezionarono una dieta propria; tutti avevano un ottimo appetito e tutti crescevano bene. I risultati dello studio indicano l’opportunità di lasciare che i bambini operino la selezione dei cibi direttamente dalle mani dei loro genitori come, noi tutti sappiamo, è sempre avvenuto (8; 9).

– Un altro studio ha determinato che sebbene il consumo di cibo nei bambini sia altamente variabile da pasto a pasto, l’apporto giornaliero di energia è relativamente costante, poiché i bambini aggiustano l’introduzione di energia nei pasti successivi (10).

– La quantità di pasto ingerita è negativamente correlata con la quantità ingerita al pasto precedente. Il comportamento dei bambini (in questo caso in età pre-scolare) è simile a quello degli adulti in quanto mostrano una scarsa regolazione dell’assunzione di energia e sono sensibili agli stimoli ambientali. Quindi, sia la causa del sovrappeso che la sua prevenzione sono nelle mani dei genitori. In altre parole, questo studio è indicativo per il fatto che i genitori non devono proporre il cibo imboccando il proprio bambino ed enfatizzando il cibo, ma fare in modo che il bambino si nutra, insieme ai genitori, in maniera completamente autonoma e senza alcuna forzatura. (11)

– Il controllo materno durante i pasti può avere un effetto negativo sull’aumento eccessivo di peso del bambino fin dai sei mesi di vita. Quando gli viene permesso di regolare la propria assunzione di cibo i bambini sembrano auto-regolarsi (12).

– Le caratteristiche individuali che regolano l’appetito possono avere importanza per spiegare un accrescimento insufficiente, ma una elevata promozione materna del cibo sembra avere un effetto negativo (13).

– Uno studio retrospettivo ha analizzato che molti ragazzi obesi lo sono diventati nei primi due anni di età. Quindi il periodo critico per prevenire il sovrappeso e l’obesità è proprio durante questo importante periodo della vita. Le conclusioni possono essere soltanto quelle di dare fiducia al proprio bambino. Sarà il bambino a decidere che cosa mangia e quanto mangia in maniera del tutto “autonoma” (14).

– Una maggiore aderenza a una dieta “mediterranea” è associata a un significativo miglioramento dello stato di salute, a una riduzione della mortalità generale per malattie cardiovascolari e per cancro, e a una riduzione dell’incidenza del morbo di Parkinson e della demenza senile (15).

– L’aumento di peso infantile è associato a obesità materna pre-gravidanza, a una breve durata dell’allattamento al seno e alla precoce introduzione di alimenti complementari (prima delle 16 settimane di vita) (16).

In definitiva, devo concludere (come l’amico Lucio Piermarini sostiene) che le evidenze scientifiche che dimostrino effetti sicuri sulla prevenzione a lungo termine di sovrappeso, obesità e diabete mellito tipo 2 non sono ancora state pubblicate. Ciò non toglie che le evidenze a oggi disponibili possono aiutarci a comprendere come l’autosvezzamento sia una pratica comunemente accettata da tante famiglie perché considerata più semplice e nello stesso momento più complessa. Più complessa perché implica una attenzione maggiore fra il comportamento alimentare del bambino e la relazione affettiva e pedagogica con i genitori che possono riappropriarsi del loro ruolo educativo anche in questo settore.

Per tale motivo sono convinto che l’alimentazione complementare a richiesta possa essere uno strumento efficace nella prevenzione dei disturbi minori e maggiori dell’alimentazione, compresa l’obesità. È il bambino al centro di tutto ed è lui a guidarci sulle necessità di cui ha bisogno. Come per l’allattamento al seno materno così per l’alimentazione complementare a richiesta.

Bibliografia

1) Pearce J, Langley-Evans SC. Int J “The types of food introduced during complementary feeding and risk of childhood obesity: a systematic review.” Obes (Lond). 2013 Apr; 37(4):477-85. Epub 2013 Feb 12.
2) Huh SY, Rifas-Shiman SL, Taveras EM, Oken E, Gillman MW. “Timing of solid food introduction and risk of obesity in preschool-aged children” Pediatrics. 2011 Mar; 127(3):e544-51. Epub 2011 Feb 7.
3) John J Reilly, Julie Armstrong, Ahmad R Dorosty, et al. “Early life risk factors for obesity in childhood: cohort study” BMJ, doi:10.1136/bmj.38470.670903.E0 (published 20 May 2005).
4) Moorcroft KE, Marshall JL, McCormick FM “Association between timing of introducing solid foods and obesity in infancy and childhood: a systematic review” Matern Child Nutr. 2011 Jan; 7(1):3-26.
5) SCIENTIFIC OPINION “Scientific Opinion on the appropriate age for introduction of complementary feeding of infants” EFSA Journal (2009) 7(12): 1423.
6) Ketan C. Mehta, Bonny L. Specker, Sandra Bartholmey, et al. “Trial on Timing of Introduction to Solids and Food Type on Infant Growth” Pediatrics Vol. 102 No. 3 September 1, 1998 pp. 569 -573.
7) Ferguson El, Darmond N “Traditional food vs. manufactured baby food” Nestlè Nutr Workshop Ser Pediatr Program 2007; 60:43-61; discussion 61-3.
8) Stephen Strauss “Clara M. Davis and the wisdom of letting children choose their own diets” CMAJ November 7, 2006, 175(10) pag. 1199
9) Clara M. Davis, M.D.”Result of the Self-Selection of Diets by Young children” Can Med Assoc J. 1939 September; 41(3): 257–26
10) Birch LL, Johnson SL, Andresen G, Peters JC, Schulte MC. “The variability of Young children’ s energy intake” New Engl J Med. 1991 Jan 24;324(4): 232-5.
11) Mrdjenovic G, Levitsky DA “Children eat what they are served: the imprecise regulation of energy intake” Appetite 2005 Jun;44(3):273-82.
12) Farrow C, et al. “Does maternal control during feeding moderate early infant weight gain?” Pediatrics 2006 Aug;118(2):e293-8.
13) Wright CM, Parkinson KN, Drewett RF. “How does maternal and child feeding behavior relate to weight gain and failure to thrive? Data from a prospective birth cohort” Pediatrics 2006 Apr;117(4):1262-9.
14) Harrington JW, Nguyen VQ, Paulson JF, Garland R, Pasquinelli L, Lewis D. “Identifying the “tipping point” age for overweight pediatric patients” Clin Pediatr (Phila) 2010 Jul;49(7):638-43
15) Sofi F, Cesari F, Abbate R, Gensini GF, Casini A. “Adherence to Mediterranean diet and health status: meta-analysis” BMJ 2008 Sep 11;337:a1344
16) Baker JL et al. “Maternal prepregnant body mass index, duration of breastfeeding, and timing of complementary food introduction are associated with infant weight gain” AM J Clin Nutr. 2004 Dec;80(6):1579-88.

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43 risposte

  1. Lorena Di Dio, solo pazienza e aspettare… non dici quanto ha, ma prima di 18-24 mesi sono in pochi a usare le posate 🙂 /Andrea

  2. Grazie! Noi facciam svezzamento naturale home-Made! E’ molto gustosa e appetitosa la nostra tavola, ricca di colori e piatti squisiti! Enea e’ anche attratto dalla fase preparazione, appena vede le stoviglie già si emoziona 😉 ! Unica pecca utilizzo del cucchiaio o forchetta perché non ha ancora una buona presa …. Cosa posso far per aiutarlo ? Grazie!

  3. ho la sensazione che da molti scettici l’autosvezzamento sia percepito come una “ideologia”…questo dipende anche dal fatto che da parte di molti sostenitori e praticanti dell’autosvezzamento viene enfatizzato l’aspetto di “filosofia di vita” e di premesse teoriche…perfetto, solo che in questo modo si complicano le cose. Come per la fascia portabebè, anche in questo caso insistere sugli aspetti teorici attrae alcuni e fa scappare molti..ma basta che una mamma provi una volta a mettere il suo bimbo in fascia, per capire dai suoi occhi  come sta. A me è successo così: non avevo più bisogno di filosofie o evidenze teoriche, il mio bambino stava così bene là dentro.. In modo simile, la prima volta che ha preso un pezzo di pane in mano aveva una tale espressione…

  4. Il link che ho postato è un video intervista al Prof. Giuseppe Ferrari, primario del Mauriziano di Torino ed è facilmente visibile nel sito de La Stampa.it cercando sotto “Costume”, poi “Donna”, poi “Mamme” etc. e effettivamente un pochino lento a caricarsi ma vale la pena di vederlo! 
    Riprendendo quello che nota Giu, il professore sottolinea che il punto è dare al bambino un pasto completo di tutti i nutrienti, proteine, carboidrati, grassi e acqua ed è così che motiva le pappe e giustifica l’uso “intensivo” di carne o comunque pesce, uova e…prosciutto cotto! (non commenta l’apporto di sale nella dieta)..dare formaggio è come dare latte e quindi non equivale a dare altre proteine “nobili”  introducendo alimenti nuovi ma a continuare una dieta basata sul latte appunto. 
    Il professore non ama i legumi (ma nell’alimentazione degli adulti non raccomandano di sostituire le proteine vegetali a quelle animali?????). Sostiene la qualità e bontà degli omogenizzati & co. e naturalmente il latte materno è carente di ferro e la scorta fatta dal bimbo durante la gestazione si esaurisce a sei mesi, quindi occorre passare ad una alimentazione che ne garantisca l’apporto (cosa che sarà anche vera ma se la natura ha provveduto così non ci sarà un buon motivo? …in altri interventi dice che non è vero che l’allattamento aiuta l’immunizzazione…)
    Ignora, tuttavia, cosa sia l’autosvezzamento e lo liquida in pratica come “ideologia”…(il punto esatto del video è (8:00 minuti). Ammette però che un eccesso di “gradualità” nell’introdurre i cibi non abbia senso e sia controproducente ( ovvero una settimana brodino, poi un pochino di farina di riso , poi qualcosina in più etc.): per farla breve alla fine gli preme sottolineare che quale che sia la modalità di svezzamento basta che il bambino abbia i nutrienti…. del resto, afferma, “ogni bambino ha la mamma che si merita” e “i bambini crescono nonostante i genitori”…

  5. l’unico “problema”, che mi pare sempre omesso da questo blog, è l’assunzione di ferro e zinco. E’ noto che i bimbi allattati al seno rischiano di non assumere a sufficienza ferro e zinco ed è per questo che si spinge sul prediligere una maggior assunzione di carne nello svezzamento. I rischi sono anemie e minore sviluppo cognitivo (!!!). Le fonti di queste affermazioni si trovano, tra l’altro, nel testo dell’ESPGHAN sul complementary feeding

    1. @Giu La carenza di ferro in un bambino che viva in un paese ricco  è un evento infrequente ma non per questo ci permettiamo di sottovalutarlo. Se, tuttavia, la sua prevenzione dipende da una adeguata alimentazione allora è molto più probabile che la eviti un bambino svezzato con l’Alimentazione Complementare a Richiesta (ACR). Una delle principali ragioni che ci indusse a ripensare il nostro vecchio modo di introdurre solidi fu proprio il suo pessimo risultato finale, cioè dal primo anno in poi, in termini di equilibrio dietetico.
      Altro aspetto da considerare, se sconfortante o tranquillizzante decidete voi, è che, per quanti sforzi si facciano, risulta assolutamente impossibile soddisfare i fabbisogni raccomandati di tutti i nutrienti senza sforare da qualche parte, soprattutto proteine e grassi.
      In conclusione, il risultato complessivo, nutrizionale e comportamentale, almeno nella nostra esperienza, ci sembra indubitatamente migliore con l’ACR che con il metodo tradizionale e ci aspettiamo che le ricerche lo dimostrino definitivamente. Sarà compito del pediatra verificare un sospetto di carenza di ferro e eventualmente correggerlo agevolmente con i farmaci invece di tentare di forzarlo a mangiare ciò che non vuole; perché se un bambino non vuol mangiare non c’è pediatra o nonna che tenga.

      1. @Lucio Piermarini non ho mai pensato di sforzare i bambini, rifletto sulla possibilità di offrire nel panel di alimenti che si mettono a tavola cibi scelti con maggiore accortezza (specialmente per prematuri o LP dove ferro in giro ce ne è già poco)
        approfitto di questa risposta per porle un altro quesito, come si concilia l’autosvezzamento con le evidenze sulla oral tolerance e la “finestra” 4-6 mesi? io mi sono trovata molto in imbarazzo nella scelta tra ridurre il rischio di allargie e nel  “aspettare i tempi del bimbo”  (sempre con l’idea di non sforzare mai)

      2. @Giu La storia della “finestra di opportunità” è tuttora molto dibattuta. A quanto leggo sembra esserci accordo che un’introduzione ritardata degli alimenti non sia vantaggiosa, ma sul QUANDO andrebbero inseriti il tutto è molto più nebuloso. C’è chi dice 4-6 mesi, chi 4-8, chi prima dei 12. Fin tanto che non si mettono tutti d’accordo e se ne escono con qualcosa di riassuntivo non credo che valga la pena soffermarcisi troppo. Tra l’altro, quand’anche fosse vero che il periodo ottimale sia 4-6 mesi, quello delle allergie non è l’unico fattore da prendere in considerazione, considerando che si parla solo (e al massimo) di diminuzione del rischio e non di assenza dello stesso. In altre parole, cosa preferisco, un bambino non allergico, ma con un cattivo rapporto con il cibo (e una madre isterica) o uno che FORSE svilupperò un’intolleranza, ma nel complesso più rilassato per quanto riguarda l’alimentazione e con genitori più tranquilli?

      3. andrea_ l’equazione sevzzamento nella finestra = cattivo rapporto con cibo, genitore isterico ecc… è così grossolana nella sua chiarissima non linearità che sa “di propaganda”. insomma tu confronti dei risultati randomizzati, controllati e sottoposti a peer-review con un’assunto che, per quanto intrigante e di base pieno di buone intenzioni, si basa sulla tua idea di orrorifico svezzamento “tradizionale”
        insomma se si parla di scienza si parla di numeri, se si parla di modi di vivere si prova a essere persone serie e accettare una certa variabilità – ma se mi rispondi con un’equazione così ridicola nella sua dogmaticità che dialogo è?

      4. @Giu scusa, non mi sono spiegato. Quello che intendevo dire è che quello della finestra è solo uno dei fattori da prendere in considerazione e mi chiedevo se valesse la pena anticipare i tempi (magari andando contro i desideri del bambino con tutti i potenziali rischi che ne conseguono), considerando come l’ampiezza (o l’esistenza) della finestra sia ancora molto dibattuta, o se nel complesso sia una politica più azzeccata quella di aspettare comunque che il bambino sia pronto da un punto di vista psicofisico (aspetto che per molti è fondamentale).

        Purtroppo di numeri non ce ne sono proprio perché chi se ne occupa non è ancora sicuro delle dimensioni della finestra, per cui è difficile consigliare una policy in questo momento.

      5. andrea_ capisco, ma visto che non fa male e probabilmente è benefico e riduce il rischio non mi pare una cosa così trascurabile. Insomma, usando parole tue, c’entra il diritto alla salute – se omettere e non dare il meglio è sfiga forse anche rischiare (se pur di punti percantuali) l’allergia per cose senza ancora evidenza lo è
        ecco volevo solo proporre questo argomento di riflessione

      6. @Giunon vorrei sostituirmi ma secondo me il succo e’ in questa sua affermazione:
        “Altro aspetto da considerare, se sconfortante o tranquillizzante
        decidete voi, è che, per quanti sforzi si facciano, risulta
        assolutamente impossibile soddisfare i fabbisogni raccomandati di tutti i
        nutrienti senza sforare da qualche parte, soprattutto proteine e
        grassi.”
        dal mio punto di vista a scegliere un panel di alimenti tarati ad esempio  sul ferro ovvero molta carne :-), almeno nell’immaginario collettivo- rischia di squilibrare poi l’alimentazione di tutta la famiglia sulle troppe proteine, soprattutto se usi l’as per il suo scopo primario, ovvero traghettare una famiglia intera per tempi lunghi su una “buona alimentazione” invece di fare il “meglio” per 12-24 mesi e poi svaccare di colpo. 
        Peraltro abbiamo avuto un donatore   di sangue che non ha potuto donare perche’ aveva il ferro un po’ basso, cosi’ che in ospedale gli hanno dato una tabella con il contenuto in ferro degli alimenti analizzando la quale 
        -è stato sfatato il mito della carne di cavallo
        – l’alimento con maggiore rapporto ferro/quantita’ che ne mangi sono risultate le cozze lol

      7. @Alessandra c’è sempre questa attitudine negativista, perchè stare attenti prima dovrebbe inevitabilmente portare a “svaccare” dopo? 
        il dott.Piermarini è stato molto chiaro perchè ha parlato di integrazione in caso, ecco questa è una risposta sensata. sarebbe inoltre sensato forse come in altri paesi cioè l’emocromo rapido durante i bds dell’anno per esempio. sono risposte che cercano di trovare possibili soluzioni a un problema concreto
        questa attitudine “difensiva”, che porta a rispondere con sillogismi errati, o con argomenti off topic, non ha senso. Siete più realisti del re 😉 Si rischia di nuocere all’AS in questo modo, rendendolo una “causa” e non un approccio scientificamente basato

      8. Giu, capisco il tuo punto e sarebbe molto interessante se si riuscisse a fare chiarezza sul rapporto tra questa finestra di opportunità e l’opportunità di svezzare più o meno a partire dai sei mesi, ma personalmente ritengo che, se la presenza della finestra è reale (mi pare di stare a parlare di architettura, qua! :-)) la questione in realtà è facilmente superabile essendo meno rigidi sulla questione 6 mesi e allattamento esclusivo. Se quando il bambino dimostra il primo blando interesse per il piatto dei genitori (così come per il mazzo di chiavi o le ciabatte della nonna, sia chiaro) gli si concedono leccatine e piccole ciucci ste dalle mani dei genitori, ecco che AS e precoce contatto con gli allergeni vanno benissimo d’accordo. Saranno piccolissimi contatti, infatti, che avvengono in maniera del tutto discontinua e che non significano sostituzione di pasti ecc ecc. Ma mi rendo conto che in molti potrebbero non essere d’accordo con questa visione 🙂 prima o poi l’argomenterò.
        Detto questo, il motivo per cui ho deciso di commentare dove aver seguito la discussione è che mi ha fatto sorridere la tua ultima frase: per me l’AS è infatti decisamente una causa! Che ci sia il supporto della scienza, per me che sono davvero poco scientifica e invece molto incline al lato emotivo della vita, è una bella conferma ma non certo il fondamento della mia “fede”(!) nell’as.

      9. @Giu La finestra 4-6 mesi in realtà, stando ai lavori originali, comprende tutto il periodo fino allo scoccare dei 7 mesi, il che significa che, statisticamente, non più di un 20 per cento di bambini inizierà ad interessarsi del cibo successivamente e potrebbe avere un rischio aumentato di sensibilizzazione. Inoltre oltrepassare i 7 mesi significa che il rischio si concretizza ma non al 100% ma sempre di più e gradualmente con il tempo, con sempre meno bambini che non avranno iniziato a chiedere assaggi. Infine sempre di questo 20% chi rischia veramente è solo quella quota di bambini geneticamente predisposti, quindi una percentuale finale minima. Messo tutto sui due piatti della bilancia, ribadendo il fatto che il rifiuto del cibo offerto a comando ha una, sicuramente non assoluta, ma discreta occorrenza già alla prima occasione, e che lo svezzamento tradizionale, anche fatto serenamente, inevitabilmente semina dubbi sulla capacità del bambino di autoregolazione sulle quantità (di cui siamo certi) e sulla possibilità che i genitori siano in grado di gestire anche dopo l’anno la qualità, a me personalmente non resta alcun dubbio su cosa convenga consigliare.
        Quanto al ferro per prematuri e LP, non vedo perché, visto che lo prendono già di routine farmacologicamente, e non con alimenti alternativi, nei primi mesi, non possano anche loro, come tutti, prenderlo allo stesso modo anche dopo se si hanno dubbi di carenza

      10. @Giu lo svaccamento è insito e inevitabile se l’unico a mangiare diversamente è il bambino. Se TUTTA la famiglia invece ne è partrecipe attivamente, a lungo termine ci sarà qualche vantaggio per tutti (anche se un po’ di svaccamento ci sarà sempre :D)
        Non mi sembra che l’intervento di Alessandra sia difensivo, ma realistico. Il punto, come dice Piermarini, è che ci sono mille fattori da prendere in considerzione e molti si contraddicono a vicenda (ad esempio, appunto, ferro e proteine). Il rischio, secondo me, è che se guardi a questi aspetti singolarmente senza tener presente il quadro globale rischi di uscire matta… proprio per le ragioni esposte da Piermarini. Inoltre non fai altro che ripresentare lo svezzamento tradizionale sotto altra forma, con tabelle e scadenze e ci vuole un bel po’ prima di convincermi che questo sarebbe un passo nella giusta direzione.
        Neanche la medicalizzazione ancora più accentuata mi convince come approccio. Per proporla ci dovrebbero essere dei problemi potenziali molto seri E diffusi. Tanto per fare un esempio, qui (Regno Unito) c’è un dibatto se i controlli periodici per il tumore al seno siano nel complesso una cosa positiva o negativa. Emotivamente ti verrebbe da dire che DEVONO essere una cosa buona, ma numeri alla mano, ovvero tenendo in considerazione i falsi positivi, lo stress causato, le operazioni inutili, ecc., la situazione non è poi così chiara, e tieni presente che si parla di vita e di morte, per cui una situazione ben più seria di quella dello svezzamento 🙂
        Un altro esempio: in Danimarca danno l’integrazione di ferro a tutti i bambini; una madre mi raccontava che una sua amica era così ossessionata dalla carenza di ferro che non prendeva neanche in considerazione di dare al figlio niente che non fosse baby food arricchito di ferro per timore che non prendesse sufficiente ferro con tutte le conseguenze nefaste del caso.
        In ogni caso, se qualcuno mi dice che il bambino come primo assaggio ha mangiato risotto con i gamberetti, gli dico solo che bravo 😀
        Come dice Gloria, la soluzione secondo me è di non guardare il calendario e di non mettere scadenze. Quando il bambino è pronto e interessato, si comincia.

      11. @Lucio Piermarini lungi da me essere una paladina dello svezzamento tradizionale, mai dato baby food a mia figlia. ma essendo LP, e tollerando malissimo (cosa ahimè comune) l’integrazione di ferro, mi ero posto delle domande. 
        Inoltre se non parliamo di allergie ma di celiachia è molto sottolineata l’idea dell’introduzione graduale del glutine entro i 7 mesi, se la bimba “mostra interesse” a 6 mesi e mezzo è così fondamentale aspettare? darle da giocare con un pezzo di pane a 5 mesi, come dice Gloria, anche se lei lo tratta come se fosse una ciabatta è così terribile? Capisco che un celiaco con dieta controllata possa vivere bene ma è certo inficiata la qualità della vita; è così importante “aspettare i segnali” rispetto a rischi quantificati?

      12. @Giu scusate l’ignoranza, ma cos’è un LP?
        Per quanto riguarda lo svaccamento, la mia personale esperienza contempla bambini in passeggino messi a tacere con buste di patatine… E il tasso di bambini obesi piu’ alto d’europa…. Se non e’ questo svaccamento che cosa lo è? 
        Ancora visti coi miei occhi, bambini che passano dal minestrone frullato,  mangiato separato  dagli altri sempre uguale per due anni della loro vita, a “cucina familiare” in cui la pancetta è uno degli ingredianti praticamente sempre…
        Per quanto riguarda i segnali penso che nessun bambino di quelli che conosco AS non abbia avuto le famose “leccate di qualcosa” (e quindi contatto con l’allergene) tra i cinque e i sei mesi, quindi esattamente nella finestra.  (poi dipende dalla stagionalita’: mia figlia sbafava fragole a 10 mesi, perche’ erano di stagione in quel periodo, non mi e’ venuto in mente pi andarle a prendere le fragole surgelate  a dicembre per sfruttare appunto la finestra). Quello che nei bambini as (almeno sulla mia esperienza) e’ molto ampio  e variabile e’ il periodo di tempo in cui si passa dalla “leccata” al mangiare molto di una cosa.

      13. @Alessandra LP vuol dire Late Preterm – bimba “poco prematura”, uno scriccioletto tenerissimo di 2.5 kg nel mio specifico caso
        quello che intendevo dire è che non necessariamente l’attenzione prima corrisponde a una mancata attenzione dopo, a questo sillogismo mi opponevo – ma se mi si risponde sempre come se fossi una santona del bilancino si possono fare questi errori 😉 
        naturalmente io concordo che è essenziale un’alimentazione sana famigliare, non c’è dubbio e sono certa che l’AS sia una cosa buonissima. necessità però di un’educazione globale all’alimentazione, la famiglia che vive di pancetta temo che non cambierà radicalmente per i begli occhi di Baby. Allora che si fa in questi casi? (stiamo andando molto off topic però 🙂 )
        per le “leccate di qualcosa” la mia esperienza è totalmente opposta alla tua, ho visto mamme che pur di non compromettere L’Esclusivo fino ai 6 mesi allontanavano le briciole dai bimbi, insomma ci sono molti tipi di radicalismi. mi spiace se l’AS diventa una “causa” perchè una “causa” è per sua natura molto più rigida di un approccio, permette meno modifiche, ravvedimenti, ecc…
        insomma queste questioni (ferro, celiachia, allergie) esistono in letteratura, perchè non fare un post indicandole e poi spiegando perchè voi ritenete trascurabili questi aspetti (o modi per risolverli)? mostrare che l’AS, come la scienza, è un work in progress, che si aggiorna e che ci sono questioni aperte sarebbe informazione positiva

      14. @Lucio Piermarini ohi, devo confessarvi che a suo tempo avevo iniziato con le pappe…mi accorgevo però di quando il bambino non voleva più cibo, mi dava segnali abbastanza chiari e se non voleva non voleva. IO credo che molti bambini, quelli  tranquilli e amanti delle pappe tradizionali dico, comincino così, forse iniziano per loro coincidenza quando sono già pronti, forse tutti in famiglia sono tranquilli o che so io…ma quando il bimbo ha poca fame, la mamma, anche quando ha un cucchiaino di baby food in mano, se vogliamo essere estremi, può rendersene conto e buttare via tutto. Questo non per difendere lo svezzamento tradizionale ma giusto per aggiungere una riflessione…

      15. @Giu La conclusione che sia preventiva l’assunzione del glutine entro i sei-7 mesi è tutt’altro che definitiva, ma se anche fosse dimostrata vale lo stesso discorso fatto per l’altra finestra, compresa la possibile somministrazione farmacologica del glutine. Per chiudere qui la mia intrusione vorrei sottolineare che la gestione di questo blog è quanto di più obiettivo mi sia capitato di incontrare in rete , per non parlare dei convegni “scientifici” di pediatria.

      16. Claudia Eleonora L’ACR non è la soluzione di tutti i problemi ma, a mio avviso, la strategia migliore, e naturale, per diminuire per quanto possibile il rischio che insorgano problemi alimentari; poi la genetica e l’ambiente giocano il loro ruolo, e buona fortuna!

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