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Contro i pediatri? No, contro i conflitti d’interesse

Pediatri e il loro conflitto di interessi con l'industria del baby food
L’idea del conflitto di interessi è vecchia come il mondo. Questo è un dipinto della fine dell’800 che lo descrive molto bene; manca solo un camice bianco…

Questo è un articolo di qualche anno fa, ma purtroppo è sempre attuale. Il motivo perché lo ripubblico è perché tra poco esce un nuovo video sull’argomento che dimostra come negli anni le cose siano cambiate davvero poco.

Tra queste pagine si è parlato spesso del senso di perplessità e smarrimento che i genitori, quando si confrontano tra loro, provano di fronte alla confusione di indicazioni che provengono dai loro pediatri, perché ognuno ha il suo schema di svezzamento e le sue convinzioni.

La letteratura scientifica è piena di articoli sull’argomento e le linee guida che ne sono derivate sono alla portata di tutti, per cui mi stupisce davvero che non si riescano a chiudere tutti in una stanza per uscirsene con un foglietto A4 con delle linee guida generiche, ma attuabili da TUTTI i pediatri italiani. Finché varrà la regola che “pediatra che vai, ricettina che trovi” non ci deve sorprendere che i genitori si sentano confusi, che alla fine facciano come pare a loro e che le direttive del pediatra vengano disattese. Dopo tutto se un pediatra mi dice di cominciare a 4 mesi usando un bilancino di precisione e un altro invece mi dice di cominciare a 6 dando quello che mi pare… beh… uno dei due deve pur aver torto.

Per fortuna ad assistere i pediatri ci sono le associazioni di categoria, quali la SIP e la FIMP. Chi può essere meglio qualificato di un’associazione che raccoglie la quasi totalità dei pediatri italiani? Problema risolto, quindi, no? Chiediamo a loro e avremo le risposte che ci servono

Eh, purtroppo non è così semplice.

Gran parte del problema risiede proprio nelle commistioni misteriose che le associazioni hanno con i produttori di baby food, atteggiamento che poi si propaga ai pediatri di base.

Esempi di comportamenti dubbi

Premesso che non monitoro minimamente le loro azioni, ecco alcuni esempi di legami tra associazioni di pediatri e baby food che mi sono capitate davanti al naso nel corso degli ultimi due anni:

  1. All’inizio del 2011 è stata lanciata in grande stile presso l’università La Sapienza di Roma la piramide alimentare per la prima infanzia, con il patrocinio di tantissime associazioni di pediatri, tra cui, appunto SIP e FIMP.
    Già il fatto che dicessero a chiare lettere che lo svezzamento va iniziato con i liofilizzati per poi proseguire con gli omogeneizzati ha messo a molti la pulce nell’orecchio (non dimentichiamo che i liofilizzati sono un prodotto solo italiano, per cui come fanno i bambini all’estero?). Comunque in poco tempo è venuto fuori che questa iniziativa era stata finanziata, almeno in parte, con i soldi della Mellin. Peccato che questo finanziamento non fosse dichiarato e sia venuto fuori solo perché qualche disattento pubblicista non ha eliminato la parola “mellin” da alcuni indirizzi web… Abbiamo parlato diffusamente della piramide alimentare per la prima infanzia sul forum, dove potete trovare come si è dipanata tutta la storia. Altre informazioni sono state pubblicate dall’IBFAN
  2. Alla fine del 2011 la FIMP se ne esce con una campagna, con tanto di poster da far affiggere a tutti i pediatri che dice: “Quando inizia lo svezzamento arriva il momento delle scelte giuste” (il grassetto è loro). Come non essere d’accordo con questa frase! Peccato che le “scelte giuste” si riferissero all’utilizzo del baby food in quanto “più sicuro”. Ancora più peccato che, neanche tre mesi dopo, e dopo molte proteste da parte di associazioni di consumatori, la FIMP abbia dovuto emettere un comunicato dove faceva dietro front. Presumo che i poster dovessero essere rimossi, ma so che ancora circolano in quanto periodicamente mi arrivano segnalazioni da parte di genitori che lo hanno visto nello studio del loro pediatra.
  3. Nel settembre 2013 è stato organizzato dalla SIP “Nativity – Il più grande evento delle pediatria italiana” comprendente convegni, workshop e l’immancabile visita pediatrica gratuita (perché la gente senta il bisogno di andare a chiedere consigli medici in un ambiente così… non lo so proprio).  La lista degli espositori e degli sponsor è molto lunga, ma quello che ci interessa di più è nella sezione “Nutribus” organizzata dall’Ospedale Bambin Gesù di Roma. Scaricando il programma (Agg. Marzo 2015: il programma non sembra più disponibile) dal sito dell’ospedale vediamo che sponsor del programma è di nuovo la Mellin e uno dei workshop si intitolava “L’alimentazione nei primi mille giorni“. Dove ho già sentito questo slogan? Quando ho chiesto all’ospedale spiegazioni su questa collaborazione un po’ strana mi hanno risposto (riassumo per brevità) che quando si organizzano questo genere di eventi si devono necessariamente affidare ad aziende partner per non dirottare fondi dalla ricerca (ma possibile che c’è solo Mellin, mi chiedo…) e che comunque i workshop avevano contenuti prettamente tecnico-scientifico. Sono certissimo che i workshop sponsorizzati da Mellin fossero altamente informativi, ma in questo modo altro non hanno fatto che migliorare la percezione della Mellin come brand: un’altra ottima mossa di marketing da parte della ditta blu, che con questa strategia mira a diventare “la più amata dagli italiani”:), ma possibile che nessuno all’Ospedale Bambin Gesù o tra le fila della SIP non abbia pensato che forse era meglio trovare uno sponsor un po’ meno “sospetto”?
  4. Nel maggio 2013 è uscita una ricerca che dice che dal gennaio 2012 è diminuito il consumo di babyfood del 4%. La notizia è stata ripresa prontamente dalla SIP che all’interno di un suo comunicato dice:

Senza demonizzare il fresco almeno fino a 1 anno è consigliabile evitarlo, e sino a 2 è preferibile.

In caso vi chiedeste chi abbia affermato tutto ciò, vi dico che è lo stesso che ha creato “la piramide alimentare per l’infanzia” di cui abbiamo parlato sopra e che, in caso vi foste scordati, era stata fatta con i soldi della Mellin…

Elenchi di obiezioni all’articolo della SIP sono disponibili quasi ovunque. In particolare vi segnalo i commenti a questo post del blog dell’ACP.

I risultati completi della ricerca, la prima di questo genere, li trovate qui. Sarebbe interessante sapere chi l’ha commissionata, ma non ho trovato l’informazione da nessuna parte.

Piccolo inciso divertente: Non posso non chiedermi però quanto ci capiscano… ecco una perla presa dal rapporto stesso:

Tra i prodotti che hanno subito un maggiore calo d’acquisto si riscontra il latte artificiale (23,7 milioni di euro in meno rispetto al 2011). Le mamme italiane lo percepiscono infatti come un prodotto facilmente sostituibile con il latte materno o con il latte a lunga conservazione.

Eh? Sostituire il latte artificiale con il materno?
Quindi finché il fatto che l’industria del baby food sponsorizzi la pediatria sarà ritenuto accettabile, anzi finché sarà legale, sarà impossibile non guardare con sospetto quel pediatra che ti dice di svezzare tuo figlio con questa o quella marca, di usare questo o quel prodotto, ecc. Come non essere sospettosi se poi nello studio dello stesso pediatra vedi poster di questa e quella marca o campioni di questo o quel prodotto? Ma d’altra parte, come criticarli se proprio le associazioni di categoria per prime promuovono questo genere di comportamento? E meno male che i bambini, facendo parte di una categoria “a rischio”, dovrebbero essere protetti.

Prodotti di arredamento

Parlando del pediatra che insiste che smetta di allattare in favore del latte artificiale (“arricchito di ferro e vitamina D”), una madre dice:

C’è da dire che il latte artificiale è un fantastico complemento d’arredo, tanto che il dottore ci ha fatto tutto lo studio con barattoli, scatole, flaconi, bottigliette, bustine blu e bianche… Forse è questo che lo rende più completo!

Comunque c’è sempre speranza. Qui in basso riporto (per gentile concessione dell’autore e della rivista dove è uscito) quanto pubblicato nel numero di maggio di Medico e Bambino e scritto da Alessandro Ventura, ordinario di pediatria all’Università di Trieste, in risposta al comunicato della SIP sul calo del consumo di baby food:

Bambini e cani

Un comunicato stampa uscito sul giornale della mia città (Il Piccolo) sabato 11 maggio annuncia che, a causa della crisi, gli acquisti di prodotti alimentari per l’infanzia sono calati del 4,3%, per un risparmio di 6,5 milioni di euro da parte delle famiglie.

Bene! mi sono detto rallegrandomi. Almeno una cosa buona la crisi la sta producendo e presto i nostri bambini torneranno a fare merenda con pane, burro e marmellata: la merenda di quando non sapevamo nemmeno cosa fosse l’obesità infantile.

Ma poche righe più sotto, sempre lo stesso comunicato annuncia che i pediatri riuniti a Bologna al congresso della SIP si sono detti, al contrario di quanto mi sarei aspettato, “fortemente preoccupati per la salute dei bambini più piccoli, costretti dalla crisi ad assumere sempre più spesso cibo per adulti”.

Ma vi pare? Non sarebbe stato bello, profumato di giustezza e libertà, che si fosse approfittato per dire il contrario? Per riflettere almeno un po’ sulla imprudenza (presunzione?) con la quale diamo, pur in assenza di evidenze scientifiche, la raccomandazione di alimentare i bambini fino a tre anni con alimenti industriali?

Poteva essere una occasione per riprenderci un po’ di libertà e di potere e per dare forza ai nostri buoni consigli e al nostro buon senso. Lasciare il segnapassi della alimentazione del bambino nelle mani delle leggi di mercato è un errore esiziale: un errore che depriva la società (scientifica e civile) della possibilità di influenzare liberamente (e nel suo reale interesse) la cultura alimentare. Quella cultura, ad esempio, che ci aiuterebbe a prevenire l’obesità.

È solo per una logica di mercato (e per la gioia di chi ne trae guadagno) che può essere sostenuta la necessità di alimentare i bambini (… e i cani) con prodotti speciali.

Noi (spero proprio tutti noi pediatri) continuiamo a preferire pane, burro e marmellata (… e qualche avanzo per bobi).

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74 risposte

  1. Secondo me i pediatri sono sponsorizzati. A mia sorella ha dato piano di svezzamento citando prodotti di una marca per bambini. Quello della famiglia per cui lavoro marca concorrente.

  2. Ok, ora mi è più chiaro. Probabilmente i bambini che hanno una dieta iperproteica mangiano meno frutta e verdura, quindi forse anche questo c’entra…
    Grazie per i complimenti! Ne avevo persi 30, con la gravidanza recuperati 5 e perso 1 da quando ho iniziato autosvezzamento 😀
    Scusate per l’OT

  3. Mi occupavo di alimentazione infantile nel senso che io e i miei colleghi misuravamo il consumo di bibite merendine e compagnia in bimbi di età 8-10 anni. Mi sono imbattuta su diversi studi che associavano una dieta iperproteica infantile ad un rischio maggiore di obesità. Ovviamente non bisogna eliminare le proteine dalla dieta, ci mancherebbe, sono fondamentali, solo non abusarne

  4. Sfondi una porta aperta… Il pediatra peró è un medico e nel suo percorso di studi non affronta l’argomento nutrizione! Io da un medico vado in caso di malattia, di problemi di salute e non perché non riesco a mangiare correttamente!

  5. Veronica Cappa ho voluto fare una brevissima ricerca prima di rispondere per non dire castronerie, ma l’obesità non è causata da un eccesso di proteine. È l’eccesso di grassi e zuccheri che, unito ad altri fattori come ad esempio la sedentarietà, fa ingrassare. E te lo dico da ex obesa. Il dietologo nella dieta non mi aveva tolto carne e formaggio, ma dolci e schifezze varie. Non so quali studi scientifici hai letto…

  6. Elisa Boni, dimenticavo… quando dici: “Ma chi l’ha detto che il pediatria non ne sa nulla di alimentazione?” Ti rispondo che fin tanto che (OK, semplifico, la lista potrebbe essere ben più lunga):
    1) continueranno a proporre lo schemino d’ordinanza e
    2) continueranno a esistere commistioni incestuose tra (società di) pediatri e produttori di baby food e latte artificiale (vedi post in alto)
    allora mi sa che la risposta te l’hanno data loro 🙂
    il punto è che per NOI e QUI questa è una questione importante, mentre per loro (e direi per molti genitori) molto probabilmente non lo è. Tanto di bambini ne vedono ziliardi, l’allattamento dura pochissimo così come lo svezzamento, per cui si trova la soluzione più semplice: LA alla prima occasione e schemino, tanto si parla di cose talmente piccole da un punto di vista temporale che uno se le scorda facilmente e poi possiamo passare oltre. Chiaramente non so per certo che sia così, ma mi sembra la spiegazione più logica. /A.

  7. Veronica Cappa, non so bene di quali preconcetti parli in relazione all’andare dal pediatra. Forse tu sei capitata con uno che ti abbia effettivamente supportato, ma ti assicuro che PURTROPPO non è sempre così.
    Sul fatto che o autosvezzi o sei un idiota, devo ammettere che per quanto mi riguarda trovo che non farlo è una cosa da fessi 🙂 Semplifica talmente la vita sotto così tanti punti di vista che mi sembra davvero una scelta obbligata. Certo richiede spesso un trapianto di cervello da parte del genitore il quale deve cambiare completamente prospettiva, ma una volta che fai questo passo, se ti guardi indietro ti maledici per non averlo fatto prima 😀 Ti dico solo che in un’altra vita ero un discepolo della Hogg e mi segnavo le quantità di latte che prendeva la mia figlia più grande quando era ancora in fasce. Per fortuna che poi ho visto la luce 😀 /Andrea

  8. Elisa Boni, all’epoca feci una ricerchina ed è venuto fuori che se sei fortunato di svezzamento e allattamento durante la scuola di specializzazione se ne facciano 3 ORE (non giorni, non settimane) ciascuno. Se sei fortunato…
    Inoltre così come si fa al momento non si fa alcuna prevenzione, anzi se fa esattamente l’opposto di fare prevenzione perché invece di RESPONSABILIZZARE il genitore lo si deresponsabilizza dandogli il foglietto con le verità e con il fatto che per quanto riguarda lo svezzamento bisogna fare tutto sotto controllo pediatrico. Non c’è alcun merito, ne credo alcun vantaggio, nel dare cibi controllatissimi per n mesi se poi tanto i genitori (che non hanno mai assunto alcuna responsabilità in materia) continuano a fare come hanno fatto prima e così si continua nel tempo a perpetuare l’errore.
    A chi rivolgersi in caso di domande? Difficile dirlo. Probabilmente non c’è nessuno di ufficiale che sia veramente affidabile. Il problema a mio avviso è che si è investito troppo nel pediatra di famiglia, invece di ridurne il numero e aumentare consulenti di allattamento e nutrizione che potrebbero effettivamente essere d’aiuto. Sopratutto dei secondi non ne servono molti, ma solo così si potrebbe davvero fare prevenzione a lungo termine, perché quella figura potrebbe lavorare SUL GENITORE e sulle sue abitudini (se necessario).

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