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Se il bambino non mangia, non forzatelo!

Il post di oggi è ispirato da alcuni articoli che ho letto su The Feeding Doctor, il blog di Katja Rowell, un medico americano che si occupa principalmente dei problemi legati all’alimentazione di bambini adottati e in affidamento. Se non avete problemi con l’inglese, vi consiglio senz’altro questo blog, in particolare i post che parlano del worry cycle.

bambino non mangia Cycle of worry autosvezzamento

Questa immagine mi ha colpito non appena l’ho vista in quanto riassume perfettamente il meccanismo perverso che talvolta si instaura tra genitore e bambino in relazione al cibo. Si comincia con quando un bambino non mangia e che (FORSE) ha un problema con il cibo, e poi abbiamo un genitore (forse TROPPO) preoccupato e circondato da consigli scadenti. Ed ecco che, anche se armati delle migliori intenzioni, ci si ritrova all’ingresso di questa spirale ansiogena (che Katja Rowell chiama worry cycle) scatenata da comportamenti controproducenti.

Il bambino non mangia e si crea la spirale ansiogena

Bambino -> Problema con il cibo -> genitore ansioso -> assenza di informazioni valide e supporto -> metodologia controproducente -> pressione -> resistenza da parte del bambino -> maggiore pressione -> maggiore ansia -> resistenza -> pressione -> …

Il worry cycle, o spirale anziogena, una volta instaurato, imprigiona entrambi i protagonisti possibilmente per anni. Quante volte ho letto di genitori disperati i cui figli, oramai grandicelli, non “vogliono mangiare”? Mi domando in quanti hanno preso in considerazione che forse più che essere di fronte a bambino “problematico” si trovano invischiati in una “spirale ansiogena” la cui origine risale ai primissimi anni, se non mesi, di vita del bambino.

Il problema è che spesso la pressione esercitata dai genitori quando (pensano che) il bambino non mangia dà dei risultati a breve termine, ed è per questo che è così difficile rinunciarvi e così uscire dal circolo vizioso che si è generato. Imboccare davanti alla televisione può far ingoiare quel boccone extra, ma di sicuro non aiuta il bambino a diventare una persona con un rapporto consapevole verso il cibo.

La Rowell afferma che aiutare un bambino a mangiare bene è un processo che noi adulti possiamo rallentare con facilità, ma che non possiamo accelerare; i bambini svilupperanno il rapporto con il cibo alla velocità che è congeniale per loro e che (purtroppo, aggiungo io) non è necessariamente quella che desidererebbero i genitori.

Quello che forse dovrebbe essere incluso nel grafico in alto è che all’inizio della spirale ci potrebbe benissimo essere un genitore “problematico”, ovvero troppo ansioso, che si trova a scontrarsi con un bambino, in teoria senza particolari problemi con il cibo, che vuole asserire la propria indipendenza (o che per lo meno non risponde bene a certi tipi di pressione). Dopo tutto, è nato prima l’uovo o la gallina? Ovvero, la causa scatenante è il bambino che non mangia o il genitore che insiste troppo?

Katja Rowell si occupa principalmente di bambini, adottati o in affidamento, che spesso hanno storie dolorose alle spalle e con problemi comportamentali che vengono fuori anche con l’alimentazione, ma quello che dice si può facilmente estendere alle famiglie biologiche più “ordinarie”. A testimonianza di ciò, la Rowell dà alcuni esempi di pressione che i genitori esercitano sui figli e, nonostante sia americana e parli di bambini adottati, l’elenco che propone certamente non mi è nuovo:

– farlo mangiare davanti la TV
– lasciarlo sul seggiolone anche per ore nella speranza che mangi un pochino di più
– corromperlo con giocattoli, promesse, dolci, ecc.
– fare giochi quasi circensi per fargli mangiare un boccone
– troppe lodi
– farlo sentire in colpa
– implorarlo (dai, su… fallo per mamma)
– costringerlo (anche fisicamente)
– cucinare 10 cose diverse, come se ci si trovasse al ristorante
– “assaggia prima di dire no”

Per quanto mi riguarda la più interessante, se non altro perché non ci avevo mai riflettuto in quest’ottica, è l’ultima: “assaggia prima di dire no”. Chi non l’ha utilizzata (e io per primo) con risultati più o meno positivi? Tuttavia, come la Rowell puntualizza, va tutto bene se hai di fronte un bambino “docile” o che magari desidera compiacerti.

Se invece si è già instaurata una sorta di “lotta per il potere”, ecco che le cose non sono poi così semplici. Ad esempio, in alcuni bambini il desiderio di controllo (su di sé e altri) può essere molto radicato, per cui un banalissimo “assaggia prima di dire no” è possibile che scateni una vera e propria guerra dove non si fanno prigionieri. In sostanza, spesso i genitori non si rendono conto che non è il boccone o l’assaggio il nocciolo della questione, ma stabilire chi detiene il potere, chi ha il controllo.

È incredibile quanto la “pressione” possa essere obliqua e quasi invisibile, ma non per questo meno devastante. Ad esempio, è facile associare “pressione” con “minaccia”, come in molti dei casi elencati in precedenza. Tuttavia non deve necessariamente essere sempre così. Anche lodi e incoraggiamenti possono essere percepiti come pressioni.

Ad esempio, dire “bravo” a Mario perché ha provato un cibo nuovo può mettere Mario sotto pressione. Anche dare un premio a Susanna se mangia tutte le verdure o fare un applauso se Giulio finisce il piatto può essere interpretato come pressione indesiderata; per non parlare di quando si fanno lunghi discorsi su come questo o quello facciano bene per la crescita, ecc (Viene spontaneo pensare a Amarli senza se e senza ma di Alfie Kohn).

Il bambino come potrebbe interpretare questo tipo di comportamenti da parte dei genitori? È possibile ad esempio che creda che le verdure siano davvero pessime se è necessario dargli un premio per fargliele mangiare. O forse percepisce che sua madre vuole davvero che finisca il piatto, ma lui vuole farle un “dispetto” (e sappiamo come va a finire…). O magari c’è il bambino indipendente che vuole fare le cose per conto proprio e che non gradisce aiuto o attenzioni nel provare un determinato cibo. L’elenco è infinito, ma purtroppo non essendo nella testa dei bambini non potremo mai essere sicuri di quello che pensano.

Però ci sono cose dei punti fermi che ci vengono in aiuto se pensiamo che il bambino non mangia: come dice Gonzalez ne Il mio bambino non mi mangia, “i bambini non si lasciano morire di fame” e come ci ricorda Piermarini “la richiesta deve partire dal bambino”. Se teniamo a mente queste due frasette sin dai primissimi giorni della vita del bambino, ci saranno ottime probabilità che si eviterà di finire nel baratro della “spirale ansiogena”, per lo meno per quanto riguarda il cibo. Comunque non vi preoccupate… ci sono tantissime altre opportunità di provare in prima persona la “spirale ansiogena” 🙂

Se poi volete leggere qualcos’altro sull’argomento, ecco 6 ragioni per cui non bisogna forzare a mangiare nessuno!

L’immagine è tratta dal libro di Katja Rowell Love Me, Feed Me. Il libro l’ho acquistato e letto, e lo consiglio caldamente… Però è in inglese. Tuttavia è una lettura FONDAMENTALE per chi ha bambini “inappetenti”, per cui se avete dei dubbi e un po’ di inglese lo masticate… non ve ne pentirete.

NB: al solito i link ai vari libri sono affiliati ad Amazon.

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55 risposte

  1. aaarrgh, “almeno assaggia” lo dico sempre… Ma devo dire che non abbiamo mai avuto problemi col cibo, è sempre stato un mangione…

  2. mia suocera ancora si trova in questa spirale col figlio più piccolo(fratello di mio marito), solo che questo figlio ha 22 anni! Assisto a scene inimmaginabili. A tavola questo povero ragazzo si sente ancora dire “mangia-prendine ancora-non hai mangiato niente-cosa devo fare con te che non mangi”. e gli riempie il piatto anche se lui non vuole. quando è partito per studiare fuori lei era preoccupata che morisse di fame, davvero!

  3. da quando mangiano “come gli adulti”, le mie figlie mangiano quello che si sentono di mangiare e quello che trovano in tavola… le pochissime volte che non ne avevano voglia, magari perchè erano stanche, semplicemente non hanno mangiato… un po’ di latte e poi a nanna… i genitori che “costringono” a mangiare dovrebbero provare a costringere loro stessi, a mangiare controvoglia…

  4. letto…. noi non abbiamo ancora iniziato as (4 mesi e mezzo) però mi interessa molto perchè… temo un pochino mio marito! Per lui ogni uè del bambino è un “ma non avrà fame?” e ho già alle spalle mesi di “lotte” perchè no, non ogni singhiozzo è fame (è al 50° percentile di peso il bimbo, mica denutrito!) , acuito dal fatto che facciamo allattamento misto e lui paragona sempre la tabella dell’allattamento con LA con quanto ne prende nostro figlio (continuo a spiegargli che il resto lo prende dal seno e che se cresce, dorme e gioca tutto il giorno fame non ha ma è difficile)…  idem mia suocera, con cui sta al mattino che io lavoro…. continua a chiedere “ma non dovrebbe mangiare di più?” …. in più vedo con terrore il momento di iniziare a mangiare proprio perchè al mattino starà con mia suocera che ha già iniziato la “guerra” contro la mamma strana che non le fa preparare il brodo (cioè io), e che vedo con gli altri nipoti è un continuo “mangia, non correre troppo che hai mangiato poco e non ce la fai, non vuoi la bistecca/omlette/prosciutto/nutella/gelato (continuate a piacimento) che ti ha preparato la nonna ? (cioè prepara sempre almeno 4/5 piatti diversi perchè così almeno qualcosa mangiano…risultato corrono per casa e mangiano quel che vogliono e poi si sbafano panino con la nutella alle 18 e poi non cenano…ecco…spirale che vorrei evitare!). A mio marito ho fatto leggere un opuscolo della regione emilia romagna che promuove l’autosvezzamento (non chiamandolo così) ma con mia suocera non funziona nulla….

  5. Quindi nessun complimento se il bimbo mangia. Dopo aver avuto a che fare con bambini che mangiavano solo pasta bollita e pane, mi risulta difficile … ma ci proverò per il bene del mio tesoro.

    1. nonsense78 Leggendo il titolo mi aspettavo il peggio del peggio.
      L’articolo è più o meno sensato, anche se il vocabolario va rivisto (ma bisogna per forza usare la parola “trucchi”?) e alcuni dei suggerimenti sono delle cretinate che veramente porterebbero tutti all’esaurimento. 
      L’impressione che ne ho è che avevano deciso a tavolino di raggiungere i 20 “trucchi”, così hanno aggiunto cose che era meglio se lasciavano fuori 🙂

      1. bah, le solite banalità. E la solita cretinata di non dare da bere (acqua) prima di metà pasto. la maggior parte dei suggerimenti può andar bene per un compleanno, un pranzo di festa speciale, ma per tutti i giorni sono esagerati.
        L’unica cosa intelligente: non di solo latte (o carne, o verdure) vive un bambino. La cosa che vuole di più sono le coccole. Ma … non è che si “fa mangiare” un bimbo con le coccole. Le coccole sono sempre, a disposizione 365/365 7/7 24/24 , con il solo limite della possibilità pratica, il cibo è un’altra cosa. Anzi, NO per sempre al cibo associato alla tenerezza materna, troppo facile farlo poi diventare un sostituto affettivo, troppo pericoloso. Idem il gioco, se si vuole giocare un pò con il cibo, no problem, è una cosa gioiosa che si vive insieme, ma impostare giochi per ovviare a mancanza di appetito, no.

        1. alexaleaia il mio figlio piccolo se ha sete smette di mangiare e non tocca cibo finchè non gli si dà acqua. è capace di scansare il piatto e se non capisco che è quello penseresti che non ha più fame. poi gli dai da bere e ricomincia a mangiare meglio di prima! x fortuna adesso si fa capire molto di più perchè ha imparato a dire “acqua”, tante volte in passato ci abbiamo messo un po’ per ricordarci di versargli un po’ d’acqua nel bicchiere 😀

      2. andrea_ nonsense78 sarebbe da commentare punto per punto, e se ci sono suggerimenti di buon senso altri sono ridicoli. giusto quello di non riempire troppo il piatto, giusto non dare bibite prima di mangiare, ma non capisco cosa c’entri l’acqua. sul peluche preferito non sono affatto d’accordo, per esempio.

        1. Beh, io confesso: mi è capitato prendere dal salone  il gatto a rotelle, che miagolava “pesciolino! pesciolino! miaooo!” e correva a tavola, dove si piazzava davanti al piatto della Cucciola e con rumorosa soddisfazione le divorava il suo pesce … Ma questo non era per farla mangiare, era per distoglierla dal gioco e farla venire a tavola.
          C’è anche stato il periodo in cui tenatava di far sedere accanto a lei sul seggiolone un certo numero di peluches, tra cui l’adorato Panda grosso quanto lei … Ma di solito li allontaniamo, perché non si sporchino.

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