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La storia di F. e dei suoi 3 figli

Pubblico una mail che mi è arrivata giorni fa perché penso che il percorso fatto da F., con le dovute differenze, sia molto comune. Insomma, la morale è che è genitori non nascono imparati, ma possono solo imparare basandosi sulla loro esperienza.

Una mama schiacciasassi

Rispondo a questa newsletter, cogliendo l’occasione per rispondere o riportare la mia esperienza e riassumendo in una sola mail tanti spunti che hai dato nei video dell’ultimo periodo. Mi spiace purtroppo sono davvero poco social e il mio tempo è davvero così risicato che questo è il modo migliore per poter contribuire.

Faccio una premessa vi seguo solo da poco perché mi sono avvicinata all’alimentazione complementare a richiesta solo con la mia terza figlia. Ho vissuto assieme a mio marito tre esperienze di alimentazione (dall’allattamento materno al cibo solido) completamente diverse dei miei figli, tutte nel bene o nel male ci hanno insegnato qualcosa ma hanno anche condizionato il modo in cui i nostri figli (o perlomeno i più grandi) si rapportano al cibo.

S., Figlio 1, ora 8 anni. Primo figlio, poco guidata dai professionisti sanitari che dovrebbero (in teoria) supportare l’allattamento al seno, abbiamo cominciato in salita. S. era nato parecchio grosso ma, nonostante questo, faticava ad attaccarsi al seno, ha perso subito molto peso e allora ecco comparire subito la fatidica aggiunta (neanche una settimana di vita e fiducia nelle capacità della coppia madre-figlio zero, quindi si provvede subito a fornire la “pappa pronta” in tutti i sensi). La nostra fortuna è che la allora pediatra di S. ci ha consigliato un sistema di allattamento integrativo tramite il quale davo il latte artificiale tramite una canula che arrivava sul capezzolo. Uno sbattimento incredibile (scusa il termine poco colto) ma che ha salvato il mio allattamento: entro due settimane io e S. avevamo capito come fare e da allora lui ha preso solo il mio latte fino a quando, circa all’anno, mi ha fatto capire che non era più interessato alla cosa: con mio sommo dispiacere l’ho assecondato. Il passaggio al cibo solido è avvenuto allo stesso modo in salita. Di lavoro io faccio il ricercatore, professione che in Italia non paga (in tutti i sensi…), ai tempi con contratto a termine quindi sono dovuta rientrare quando lui aveva 4 mesi (non so se hai presente il ritornello “se non rientri, il progetto comincia e troviamo qualcun altro”), lasciandolo al nido. Su indicazione della pediatra (ai tempi non avevo né l’esperienza né amiche o conoscenti con cui condividere questa cosa per cui mi sono semplicemente fidata senza mettere nulla in discussione), verso i 5 mesi gli ho proposto la frutta e poi verso i 6 mesi mi sono  presa un weekend per instillargli il concetto “ora si mangia come dice la pediatra!”. Ti lascio immaginare gli esiti: lui non ne voleva sapere, ed è andata avanti così per un paio di mesi. E non ti dico che pressioni, che vivevo soprattutto io, dal nido e dai nonni che vedevano “deperire” questo povero torello (considera che ho recentemente recuperato i suoi pesi…il torello a 2 mesi pesava 6 kg come la mia terza a 8 mesi….).  In qualche modo comunque ne siamo ovviamente usciti, e S. è diventato un mangione, ma in qualche modo ha sviluppato un’esperienza con il cibo non equilibrata (e di questo mi sono resa conto leggendo il libro di Piermarini…): mangia un sacco e anche in modo vario, ma in qualche modo gli manca il senso della misura ed è poco duttile a nuove esperienze culinarie o meglio ci arriva con molto sforzo (da parte nostra più che sua).

R., Figlia 2, ora 5 anni. Io parto super-preparata, in reparto maternità rompo le scatole a tutte le ostetriche e puericultrici più volte al giorno ma quando esco dall’ospedale io e R. sappiamo fare tutto! L’ho allattata fino a due anni ed è stata una meravigliosa esperienza che ha fondato il nostro rapporto in una maniera unica. A due anni l’ho staccata io e il motivo è stato che ho avuto la possibilità di mandarla in vacanza due settimane con i nonni e non me la sono sentita di tenerla in città solo perché ancora dipendente dal mio latte. Lei non ha fatto una piega. E il cibo solido?  Quella con R, è stata un’esperienza che ha cambiato il nostro rapporto con il cibo e con la preparazione del cibo. Anche con lei sono rientrata a 5 mesi. Avevo cominciato ad informarmi sull’autosvezzamento di cui avevo sentito qualche accenno da UPPA ma il mio rientro al lavoro, la gestione del fratello che non ha preso benissimo il nuovo arrivo e il fatto che R. non dormiva molto non mi hanno regalato la serenità di informarmi seriamente e allo scoccare del sesto mese ho proseguito in maniera tradizionale. R. in realtà l’ha presa piuttosto bene: vuoi che l’abbiamo sempre portata a tavola, vuoi che vedeva mangiare il fratello ha accettato la cosa senza colpo ferire. Allo svezzamento è diminutita parecchio (salto dal 75° al 25° percentile) ma poi ha continuato a crescere sulla sua curva per cui per la mia pediatra era tutto ok se non che…lei mangiava, apparentemente cresceva ma poi stava male (non sto a spiegarti come perché è molto lungo e a tratti doloroso per me ricordarlo). Insomma a un certo punto un’amica pediatra (non la pediatra della bambina, nota bene…) mi mette sulla strada giusta: per fartela breve R. è celiaca. Quando arriviamo alla diagnosi ha 15 mesi, metà dei villi intestinali inesistenti, il sistema immunitario cotto e mangiato ma è cresciuta perché prendeva quasi tutto dal mio latte (prova tu ad andare a spiegare ai buontemponi, medici e non, che il latte materno dopo l’anno ha ancora quello che serve ad un bambino….non li convinci neppure così). A questo punto pronti, partenza, via…come dice mio marito io ho un secondo di demoralizzazione fisiologica poi sono una schiaccia sassi. La celiachia ha cambiato il mio modo di cucinare e di proporre il cibo: in due anni di costanti tentativi ho imparato a panificare e realizzare qualunque cosa (inclusi pandoro e panettone) senza glutine e non, e ogni sera cucino per R. e per noi separatamente (tutte le volte che si può perché, forse non tutti sanno, che la dieta senza glutine non è indicata per chi non è celiaco….ma anche su questo tanti buontemponi parleranno a sproposito). In un video chiedi se sappiamo come mangiamo. Prima della celiachia di R. non mangiavamo male ma di sicuro in maniera non equilibrata (la piramide alimentare questa sconosciuta ahimè…). Dalla diagnosi sono stata costretta a fare i conti con la piramide alimentare anche perché purtroppo i cibi aglutinati contenendo molti più amidi sono più calorici. Il fatto di averla diagnosticata presto e il fatto (questo lo dice mio marito) che le propongo sostituti di ottima qualità e fatti in casa, ha permesso a R. di sviluppare un ottimo rapporto con il cibo. Lei mangia di tutto, ma proprio di tutto ed è sempre più che disponibile ad assaggiare il nuovo. Poi certo quando recentemente mi ha detto con tenerezza che a volte ci sono delle cose col glutine che la ispirano un sacco ma che lei sa di non poter mangiare mi si spezza un pezzo di cuore ma questa è una cosa da mamma e io metto subito la mia maschera sorridente che dice che la mamma può farglielo uguale (non è vero per inciso….)

A., Figlia 3, 8 mesi. E no…ora non mi frega più nessuno neanche se tutto parte in salita perché lei nasce prima a causa della mia preeclampsia. Appena nata piccola in peso, va in ipoglicemia e quindi viene messa in culla termica attaccata alla glucosata. 2 secondi di panico: e come farò con l’allattamento??? Poi un’ostetrica mi dice che se riesco a tirarmi il colostro le do un’alimento ricchissimo in zuccheri che le potrebbe permettere di esser staccata il prima possibile dalla soluzione di glucosio. Entro in modalità schiacchisassi e comincio, con il paziente aiuto delle ostetriche e soprattutto di mio marito (che ha imparato a mungere 😀) a tirarmi a mano prima il colostro e poi il latte. Da 2.5 ml delle prime ora ho fatto 50 ml nei 5 giorni successivi, questo ha permesso ad A. di essere alimentata anche in culla termica praticamente solo con il mio latte. Gli infermieri della semi-intensiva devono aver avuto compassione di me e dal quinto giorno quando è stata staccata con la glucosata mi hanno permesso per i giorni successivi di attaccarla al seno ogni tre ore tirandola fuori dalla culla solo per il tempo della poppata. La prima volta ero in super-ansia da prestazione, anche perché mi avevano concesso solo 10 minuti (l’avevo tenuta in braccio solo due minuti da quando era nata…e se non si attaccava????). A. si è attaccata a ventosa , ha preso in 10 minuti 70 ml da un solo seno (pesata prima e dopo). Da allora è stato tutto (o quasi) in discesa. Una meritata maternità più lunga (non di troppo visto che sono già al lavoro….) mi hanno  regalato la serenità di informarmi adeguatamente sull’alimentazione complementare così quando a 5 mesi lei mi ha rubato dalle mani la focaccia genovese e l’ha portata alla bocca (chiamala scema) l’ho lasciata fare e da allora è stato quasi un idillio! Lei mangia di tutto ma soprattutto gestisce veramente tutto da grande.

Come l’ha presa la sua pediatra? Male 🙂 nel senso che non ci ha voluto sentire, mi ha riproposto i liofilizzati e mi ha detto che, facendo in maniera tradizionale, sarei stata più tranquilla (….in che senso????? Io sono più tranquilla così visto che devo già fare dieta con e dieta senza glutine, te lo immagini a dover fare qualcosa di diverso ancora per la piccola????). Io sono stata molto ferma e di certe cose ho imparato a non parlarle (premetto che è davvero una bravissima pediatra su tutto il resto, ma su alimentazione proprio non ci siamo….ognuno ha i suoi limiti!). Anche nell’ultimo controllo mi ha chiesto quanto mangiava la bimba (“un bel piattone di pappa signora?”) io avrei voluto rispondere “si auto-regola” ma mi son trattenuta e ho mentito (“Sì certo! Mangia benissimo”, in fondo non è una bugia no????). Abbiamo avuto un piccolo problema con le curve di crescita: a suo dire A. era calata di molto…a me non sembrava, ma ci siamo fiondate dalla gastro-enterologa che segue R. per la celiachia (visto che la genetica è quella…). Io non so cosa sia successo ma evidentemente le sue curve di crescita non sono aggiornate visto che, secondo la gastro-enterologa e secondo le curve WHO che poi ho scaricato sul cellulare, lei cresce bene. In compenso la gastro-enterologa, che comunque è ancora vecchio stile, ma molto più aperta e comunicante si è fatta una risata: “Signora quindi lei le da’ la pasta con il pesto?”, “Bè, a dirla tutta il pesto non lo faccio spesso ma ieri ha mangiato la pasta con le acciughe”, “A. che dire, nessuno si sceglie i propri genitori!”

E il resto del mondo come l’ha presa? Mia mamma e mia nonna sono molto spaventate per la questione del soffocamento:  le ho zittite un po’ con l’esempio e un po’ dicendo loro che ho deciso di fare scelte coraggiose per i miei figli. E pensa che ultimamente mia nonna (91 anni di morbidezza) guardando me e mia cugina (primo figlio svezzamento tradizionale) mi ha detto che forse in effetti è meglio come sto facendo io (“la bambina sembra più contenta”….). Il resto del mondo è piacevolmente stupito guardandola 😉.

Per chiudere questo papiro (scusami per la lunghezza), in un video tu chiedi come e se abbiamo mai provato a convincere qualcuno relativamente all’alimentazione dei figli. Sul solido io non mi permetto neppure ora di portare esperienza visto che la mia è recente (come ti dicevo mi limito all’esempio). Ma ho una grande esperienza in comunicazione sull’allattamento: comunicazione a senso unico. Posso portarti un campionario di amiche e parenti che ho provato a supportare per l’allattamento: risultato zero. Vale di più il ritornello “tanto nessuno è mai morto e con il latte artificiale siamo cresciuti tutti”. Quindi anche per l’allattamento ho deciso di funzionare solo ad esempio (a meno di richieste specifiche).

Chiudo ringraziandoti per quello che tu e chi ti supporta sul sito di autosvezzamento.it fate per le persone come me. Trovo che quella che vi siete assunti in fondo è davvero una missione volta a cambiare il mondo a piccoli passi e vi ammiro davvero per questo.

A presto

F.

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