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“Non dobbiamo far sentire in colpa le madri che non allattano”

far sentire in colpa chi non ha allattato
Questo poster è del 1938.
La scritta dice più o meno: “Allatta il tuo bambino, la tua protezione contro i piccoli disturbi. Per informazioni richiedi una pubblicazione del ministero e chiedi al tuo medico”

L’ultimo tabù sembra essere quello di offendere le donne che non hanno allattato e non far sentire in colpa chi non ha allattato. Mai dire apertamente che

  • l’allattamento è il più indicato per il bambino,
  • puntualizzare che la formula non è ugualmente valida,
  • elencare i vari problemi, lievi, lievissimi o meno lievi, che possono essere ricondotti al latte artificiale.

L’imperativo è formulare un pensiero che non offenda chi non ha allattato. MAI far sentire in colpa che non ha allattato. Ma il timore è giustificato? Esiste davvero questo problema o è una creazione dei social e dei media?

Analizziamo la situazione.
Per come la vedo io, e certamente semplificando molto, le non allattanti si dividono in tre gruppi (teneteli a mente perché ricorrono spesso in questo articolo)

1. Chi non ha potuto

2. Chi non ha voluto

3. Chi dice che non ha potuto, ma in cuor suo pensa che avrebbe potuto fare di meglio.

Vediamo più in dettaglio:

1. Chi “non ha potuto” non può certo risentirsi quando sente dire che il latte artificiale è inferiore al materno. Sia che abbia vissuto problemi quali il ritorno al lavoro quasi immediato, una malattia o semplicemente non ci sia riuscita, era sufficientemente motivata a farcela, solo che, per vari motivi, purtroppo non ce l’ha fatta.

2. Chi “non ha allattato per scelta”, lo ha fatto con cognizione di causa valutando i pro e i contro. Quindi, anche se ne aveva la possibilità, per motivi suoi ha deciso di fare altrimenti. Di conseguenza, se una donna che ha scelto di non allattare legge di un nuovo lavoro scientifico  che ha provato che il latte artificiale è inferiore al materno, non può risentirsi. Al massimo, se ritiene l’informazione valida e se ci sarà una prossima volta, in futuro potrà prendere in considerazione di fare una scelta diversa.

3. Il terzo gruppo è quello più problematico, almeno in teoria. Onestamente non so quanto creda a certe storie che mi capita di leggere, di madri che, per aver dato un biberon di latte artificiale, vengono volutamente fatte sentire a disagio da occhiate malevole e commenti taglienti fatti con intenti meschini. Piuttosto, mi chiedo quante di queste critiche non siano semplicemente da ricondurre all’ipersensibilità della madre e dal desiderio, più o meno inconscio, di essere criticata (un discorso simile si può fare anche per chi allatta, quanto meno i primi mesi, ma questa è un’altra storia).

E così tu – madre che non sei riuscita a risolvere i problemi legati all’allattamento o il modo di affrontarlo e pensi che ci siano delle questioni tuttora irrisolte – se qualcuno fa presente che effettivamente “breast is best” ti senti chiamata in causa in prima persona; per te tu hai fallito. La questione è se questo sentirsi chiamati in causa ha effetti positivi o effetti negativi.

Il desiderio di essere politically correct e non offendere le non allattanti pervade sicuramente i mezzi di comunicazione. Prendiamo ad esempio la notizia di uno studio pubblicato molto di recente (e che trovate qui) che collega l’allattamento prolungato a un quoziente intellettivo più alto. La prima volta ho letto la notizia sul sito della BBC che nel riportarla ha sentito il bisogno di aggiungere (il grassetto è mio):

Gli esperti dicono che anche se i risultati dello studio non sono definitivi, sembrano confermare le linee guida vigenti che i bambini dovrebbero essere allattati per sei mesi.
Ma dicono che le madri possono comunque scegliere se allattare o meno.

E cosa vuole dire? Per chiarire questo concetto l’articolo poi continua citando un altro esperto che dice:

Tuttavia riconosciamo che non tutte le madri scelgono o sono in grado di allattare e il latte formulato è l’unica alternativa al latte materno per i primi 12 mesi di vita del bambino.

In altre parole hanno pensato… “Hhhmmm… c’è questa notizia, ma come facciamo a scriverla senza offendere gran parte delle nostre lettrici?”

Il quotidiano The Independent invece ha pubblicato un editoriale dal titolo: “Quindi l’allattamento favorisce il QI del bambino; prova a dirlo alle donne che non riescono ad allattare” il cui contenuto potete facilmente indovinare.

In entrambi i casi più che discutere i de/meriti del lavoro, se ne critica a priori il contenuto in quanto considerato inadatto per le madri che non allattano per paura che le faccia sentire in colpa; tirare in causa le donne che non sono riuscite ad allattare a causa di vari problemi viene considerato tabù. Ma allora che facciamo, dichiariamo la ricerca sull’allattamento illegale?

E in Italia come è stata riportata la notizia? Finora se n’è parlato pochissimo e nessuna delle testate cartacee mi pare se ne sia occupata – anche se nel 2011 La Repubblica ha parlato di un simile studio polacco. L’Huffington Post ha pigramente riportato parte del contenuto dell’articolo già citato dell’Independent dal quale hanno selezionato, tra le altre, questa frase:

Questi studi, pur utili, portano una critica implicita a chi non riesce ad avere successo nell’allattamento

Quindi anche questa testata ha deciso, piuttosto che parlare dello studio in sé, di criticarlo per il fatto stesso di esistere. Il mantra è sempre il medesimo, non tirare in ballo chi non allatta per non farla sentire in colpa, anche se implicitamente. Il problema non è mai il tasso di allattamento o i problemi che circondano le donne che desiderano allattare, ma lo studio che chiaramente non andava fatto.

Queste non sono certo cose nuove. Mi ricordo che anni fa lessi un post che mi colpì molto su un blog personale di una mamma: parlava dei pericoli dal non allattamento – potete leggere il nostro sullo stesso argomento qui – ed elencava le solite controindicazioni quali maggiori problemi gastrointestinali, otiti, ecc., ma al termine l’autrice finiva con questa frase (mia enfasi):

“Detto questo è logico che se non potete/volete allattare al seno avrete comunque un bambino sano, intelligente e meraviglioso…
… ribadisco che [se] per un motivo o un altro non si può/vuole allattare, non colpevolizzatevi! Una mamma serena vale più di mille anticorpi!

Ma allora che senso ha il post? Prima vuoi dare informazioni, ma poi mi dici che “è logico” che non contano per timore di far sentire in colpa la madre che non allatta?

Di esempi così è piena la rete, basta cercare su Google digitando le parole chiave preferite. Data la vastità delle testimonianze disponibili sembrerebbe vero che le madri che hanno avuto problemi con l’allattamento si offendano facilmente, o questo è il messaggio che passano i media.

Quello che però mi ha fatto scattare la molla e mi ha convinto a scrivere quello che leggete è stato il programma di Rai2 “Detto Fatto”. Premetto che fino all’altro giorno non ero al corrente dell’esistenza di questo spettacolo, né conoscevo la conduttrice, e devo ringraziare Marzia di Facebook per avermi segnalato che nella puntata del 23 marzo si parlava di svezzamento. Il programma è presentato dalla conduttrice Caterina Balivo, a quanto leggo anche lei è diventata madre di recente e almeno per un po’ sembra aver allattato – e, sì, questa informazione è rilevante.

Se volete vedere il pezzo sullo svezzamento (con cremine, brodini e liofilizzati vari) cliccate sul link poco sopra e cominciate dal minuto 26, ma non credo ne valga la pena. A me invece interessa cosa accade a partire dal minuto 38:26 e per i successivi 30 secondi circa e che vedete riassunto nel seguente “fotoromanzo”.

Non far sentire in colpa le donne che non allattano
Quella che vedete è Caterina Balivo, la presentatrice di Detto Fatto. Le immagini sono state prese dalla trasmissione del 23 marzo e corrispondono al dialogo riportato nei fumetti.

Il dialogo completo tra Caterina e la Pediatra ospite, che pare essere la sorella, è il seguente:

Caterina: Le mamme vanno in crisi, quando… quando c’è il passaggio dal latte allo svezzamento?

Pediatra: Allora, il latte resta comunque un alimento fondamentale per i bambini, Caterina. L’ideale è che anche l’allattamento continui fino al primo anno di vita (foto 1). Se però questo non è possibile…

Caterina: Scusami, l’allattamento… materno (foto 2)?

Pediatra: Esatto, fino al primo anno di vita (foto 3) è l’ideale sempre per il discorso degli anticorpi…

Caterina: Tanto, eh… però

Pediatra: È molto impegnativo; non sempre le mamme riescono, perché… comunque anche per esigenze lavorative, però sarebbe l’ideale. Se però questo non è possibile…

Caterina: Sì, però neanche far sentire in colpa le mamme che non hanno potuto allattare fino all’anno di vita! (foto 4)

Pediatra: Assolutamente, assolutamente…, Caterina…

Lasciamo perdere la questione su quale sia la durata ottimale dell’allattamento (o non ne usciamo più) ed esaminiamo invece la reazione della presentatrice che appare stupefatta alla sola idea che si possa allattare addirittura fino ai 12 mesi del bambino e che mette letteralmente le mani avanti per precisare che assolutamente non dobbiamo far sentire in colpa le madri che “non hanno potuto allattare fino all’anno di vita“. Che messaggio si sta facendo passare? Vediamo… Da una parte, ovviamente, che non si è mai visto un bambino allattato per un anno!! Dall’altra che eh però, se mi dici così poi chi non l’ha fatto si sente in colpa!! 

Vediamo la logica dell’argomentazione per la quale le donne che non allattano (a lungo) non possono sentir parlare di allattamento (se non in termini negativi).

Mi direte che non c’è niente di male ad essere empatici e a mostrarsi sensibili verso il dolore del prossimo. In teoria sono d’accordo, ma… il problema è che si parte da premesse, a mio avviso, sbagliate in quanto si vede la madre che non è riuscita ad allattare (a lungo o meno a lungo, la durata poco importa) come un essere indifeso che va protetto e alla quale non bisogna far pesare in alcun modo il suo fallimento – parola non scelta a caso in quanto se non pensasse, anche se solo inconsciamente di aver fallito, farebbe parte del gruppo (1), ovvero di quelle che non hanno potuto allattare.

Riesaminiamo i tre gruppi di donne non allattanti:

1. Tra le donne che hanno effettivamente provato ad allattare, ma non ci sono riuscite, quante sono a sentirsi veramente offese quando sentono che la formula altro non è che un surrogato? Non ho statistiche alla mano, ma mi verrebbe da dire molte meno di quanto non si pensi, dopo tutto qual è la logica per la quale ci si dovrebbe sentire in colpa, del resto più che mettercela tutta uno non può.

Per cui la donna che non è riuscita ad allattare nonostante tutta la buona volontà non se la prenderà a male se le dicono, ad esempio, del legame tra QI e (non) allattamento e sarà grata che la formula esiste, altrimenti la situazione del suo bambino sarebbe stata ben più grave.

2. Neanche la donna che non ha voluto allattare se la può prendere se le capita di leggere che il latte formulato non è all’altezza del materno, perché ha fatto una scelta libera e senza costrizioni. Al massimo farà spallucce e passerà oltre, oppure interiorizzerà l’informazione e magari la userà in futuro.

3. Ritorniamo quindi alle donne consapevoli o di aver rinunciato troppo presto o di non aver perseverato abbastanza, o di non aver ricevuto il supporto necessario, ecc ecc.

Dobbiamo essere rispettosi di questa categoria? Certo, così come dobbiamo essere rispettosi nei confronti di tutti, ma senza essere condiscendenti, e questo è il punto chiave.

Quali sono i motivi che non fanno riuscire le madri ad allattare? Una lista assolutamente non esaustiva può comprendere:

  • Pressione di chi ti sta intorno
  • Poca motivazione
  • Assistenza sanitaria di scarsa qualità
  • Difficile combinazione lavoro, famiglia e allattamento
  • Assenza di esempi di allattamento dal “vivo”
  • ecc. ecc.

Che si allatti poco è purtroppo un dato di fatto (basta leggere le statistiche – alcuni esempi li trovate in questo articolo), ma come risolviamo questa situazione? A mio avviso molto semplicemente cambiando la prospettiva e il tipo di conversazione spostandoci da

non facciamo sentire in colpa le madri che non hanno allattato (più o meno a lungo)” (atteggiamento per me per nulla empatico, ma estremamente condiscendente)

verso un più costruttivo

coinvolgiamo le donne che sentono che non sono riuscite nell’allattamento per assicurarci che gli stessi sbagli non vengano ripetuti in futuro“.

Le donne che sentono di aver vissuto un allattamento fallito sono le più indicate per chiedere a gran voce un cambiamento di mentalità e nelle strutture che faciliti chi madre ancora non lo è. Dopo tutto loro hanno vissuto questi problemi in prima persona e sanno cosa vuol dire doversi scontrare con una realtà che non è quella che ci immaginavamo.

Chi insegna alle donne che verranno come aumentare la possibilità di allattare?

– Le donne per cui l’allattamento è stato una passeggiata hanno poco da insegnare.

– Quelle che non sono interessate ad allattare, non sono in grado di insegnare.

Le donne che invece non sono soddisfatte di come sono andate le cose hanno tutto da insegnare e sono quelle che dovrebbero sbandierare studi come questi a destra e a manca esigendo a gran voce che chi diventerà madre domani o l’anno prossimo o tra 5 anni possa vivere un’esperienza migliore di quella che hanno vissuto loro, perché se lo meritano.

Senza essere uno psicologo, mi sembra lampante che un’esperienza catartica come questa le aiuterà a superare la delusione dell’allattamento fallito, molto, ma molto di più del nascondersi dietro (la paura) del senso di colpa, che è quello che, in modo condiscendente, teorizza tra gli altri la Balivo (e non posso non chiedermi… la Balivo a che categoria appartiene, la 1, la 2 o la 3?).

Se invece continuiamo come è stato fatto finora, con l’intoccabilità delle non-allattanti, garantiremo solo il ripetersi all’infinito della situazione attuale, ovvero tassi di allattamento molto bassi.

Se i problemi che hanno afflitto te non sono stati non solo risolti, ma neanche affrontati, chi verrà dopo di te si troverà nella stessa situazione. Nessun cambiamento, nessun miglioramento. Solo un ciclo che si ripete.

La donna che ritiene di essere stata informata male, assistita male, di non essere stata motivata, di non aver ritenuto l’allattamento sufficientemente importante, ecc. non vorrà cercare di aiutare le altre donne a risolvere il problema? Questa è la vera “sisterhood of motherhood” (come dice lo slogan pubblicitario di una ditta di latte artificiale americano) e non il silenzio e l’assenza di dibattito, come alcuni ci vogliono far credere, compresa la stessa ditta di latte artificiale che ha fatto suo questo messaggio in modo mirabile.

Il genere di (non) conversazione suggerito dai media non solo è sbagliato, ma nella migliore delle ipotesi è inutile e molto probabilmente controproducente.

[box]A chi non è riuscito ad allattare secondo i propri desideri, vi siete sentite frustrate/deluse a causa di ciò?

Se sì, come avete fatto a risollevarvi? Raccontatelo nei commenti.[/box]

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322 risposte

  1. Gloria_  un pochino si, dai, non credo sia vero che le donne dei casi 1 e 2 non abbiano motivo di sentirsi – offese non è la parola giusta, diciamo piuttosto caricate di assunzioni di colpa. SE la comunicazione fosse come diciamo noi, e lì di certo mi trovi unanime con Andrea, rispettosa, non condiscendente, aperta, non avrebbero motivo, infatti, ma siamo piuttosto lontani da ciò.

  2. Scusate se ripeto ciò che è stato già detto, ma sento questo argomento molto importante per me e vorrei riportare la mia esperienza. Ho due bimbe, la prima allattata 22 mesi, con la seconda sono a 15 ora.
    Ho fatto una fatica incredibile con gli esordi della prima (bimba attaccata male, ragadi, aggiunta di LA per calo ponderale eccessivo). Ma ce l’ho fatta a piccoli passi, informandomi e cercando di capire i miei errori (indotti, ovviamente). Con la seconda è andata meglio, ma anche lì ho dovuto fare a cazzotti con i pediatri che mi consigliavano di passare al LA per problemi di reflusso (non commento….).

    Penso che l’allattamento prolungato sia un bene per i bimbi e le mamme. Non sto ad elencarne i motivi. Ci sono supporti scientifici che ne parlano. Anche se evidentemente non bastano questi a convincere l’opinione pubblica.

    Eppure mi sento a disagio. Con tutto. e con tutti. Ma non solo sulla titta. Anche sull’autosvezzamento, per esempio. Ma potrei dire anche sulla crema cambio pannolino (che non uso). In generale lo sono con tutti gli amici/amiche/parenti/conoscenti/vicini di casa/pediatri (lista lunga) con i quali parlare con naturalezza di ciò che a me appare come ovvio diventa impossibile.

    Io personalmente mi sono sentita fortemente danneggiata da questo perverso circolare di cattiva informazione e oggi sono indignata nel vedere che la storia continua. Vorrei dirlo a tutte le amiche, ma ho cominciato a farlo sempre meno, perché sono stanca di sentirmi trattare come una talebana pazza azzeccagarbugli e saccente. 

    Tutto quello che vorrei dire loro è “magari non avevi gli strumenti giusti per capire, per proteggere te ed il tuo bambino”, ma le mamme con le quali parlo si sentono offese se qualcuno suggerisce loro l’idea che hanno scelto qualcosa di “meno buono” per i loro bimbi. E il non voler vedere che la scelta è stata purtroppo forzata dalla cattiva informazione è parte di una difesa del proprio operato.

    Quindi di recente ho iniziato a suggerire di andare in uno “spazio mamma” della mia città, dove lavorano persone qualificate e bravissime e dove le mamme possono parlare da pari a pari con le altre e NON SENTIRSI GIUDICATE. Credo che lì si faccia meno fatica a far passare argomenti chiari e corretti (si parla anche di autosvezzamento).

    Forse dovremmo sperare in un maggior rafforzamento di queste strutture. Perché non credo che astenersi dal confronto sia un bene per la nostra comunità. Ogni tanto dovremmo parlare di questa, o no?

  3. Hmmmm, no Andrea, qui non ti seguo. C’è troppa pressione collettiva, troppo ancora radicata la convinzione implicita OVUNQUE che una donna debba per natura, per essenza, per assoluto, sacrificarsi fino all’estremo per il bene del bambino. Non è raro leggere “non è vero che hai scelta, se quello è la cosa migliore per il bambino lo devi fare e basta”. Non ha potuto perché le faceva un male da urlare? doveva sacrificarsi. Non ha potuto perché non le usciva il latte? tutte boiate, aveva un blocco mentale, un rifiuto di darsi pienamente alla sua natura di donna e madre. Non ha potuto perché doveva tornare al lavoro? macché lavoro, che ci sta a fare a lavorare invece di stare a casa e badare a uomo e bambini, ecc.
    Poi che ci sia eccesso nel voler propinare a tutti costi alle madri latte artificiale non c’è dubbio, con le scuse più varie, dal femminismo mal compreso al “così lo vizi” e dal “il tuo istinto ti dice che è la cosa migliore per Lui” (ergo, sacrificati, basta indulgere nella dolcezza della tetta, eh, devi fare quello che è meglio) al “non sei capace”… E di sicuro il “non facciamo sentire in colpa le donne che non hanno allattato” è bellamente ipocrita, perché non è minimamente quello lo scopo.
    Fatto sta che, sia per una campana che per l’altra, alla fine vanno sempre e comunque a far sentire in colpa le madri. E così, invece di vivere tranquilla, passerà qualche anno a tormentarsi di essere stata consigliata male, assistita male, informata male, con l’oramai onnipresente gioco della colpa che deve essere di altri.

    Dove ti raggiungo, è che va data a tutti (e non solo alle madri, a tutti, padri, zii e suoceri inclusi) una informazione chiara e accurata, senza preoccuparsi del politically correct, informazione possibilmente oggettiva, neutra e non univoca, non “pro” una cosa o l’altra, non sempre orientata a dire che una cosa è meglio, perché il “meglio” può esserlo per un aspetto ma non per un altro. Se si cerca sempre di definire cosa sia la cosa migliore, la cosa perfetta, chiunque abbia i suoi motivi – probabilmente validi, ma non sta agli altri giudicarne –  per fare diversamente, si sente immancabilmente puntare il dito addosso. Discussione intesa come scambio di informazione ed esperienze, nel rispetto di ciascuno/a e senza cercare di darsi per forza ragione, senza cercare di dire alle madri “devi fare quello se vuoi essere degna”, ma lasciando spazio alla scelta in tutta la sua ampiezza, non la si vede spesso in giro.

  4. Dai quelli di greenme non sono male. 😀 Non mi ricordavo che l’avevi citato, scusa. Comunque ho detto anche a loro le stesse cose. Forse con meno enfasi U0001f601

  5. Sì, se qualcuno mi rinfaccia (e lo hanno fatto in molti) la mia scelta non mi giustifico. È stata la migliore per me e mio figlio. Certo che farsi i cazzi propri è sempre meglio. Sono assolutamente d’accordo anche con chi sceglie di allattare oltre i sei mesi.
    L’ideale sarebbe RISPETTARE le scelte di ciascuna madre senza essere giudicanti. Punto. E sì, evitare di far sentire in colpa una mamma.E non solo per il latte, ma per qualsiasi cosa (tipo di svezzamento, modo di dormire, fascia o passeggino…).

  6. Comunque passare al latte artificiale non mi ha fatto dormire di più.Mi svegliavo comunque ogni due-tre ore per fargli il biberon(ed è piú scomodo che semplicemente mettersi il piccolo nel letto e attaccarlo alla tetta).Mio figlio si sveglia ancora più volte di notte per vari motivi. Ho scelto il LA per smettere di piangere con il terrore che mio figlio non crescesse e per non prendere più antibiotici e antidolorifici per le gravi ferite al capezzolo che si sono cronicizzate.

  7. Errore numero 1): non avere NESSUNO che ti aiuta nei giorni del puerperio e stare tutto il giorno sola col bimbo. Uno stress del genere non l’avevo mai conosciuto (e io lavoro in pronto soccorso facendo anche i turni di notte…) e credo abbia bloccato la produzione di prolattina. Errore numero 2): affidarmi a una sola figura consulente per il latte e non alle mille infermiere del consultorio, ciascuna con formazione diversa e quindi con consigli a volte confusivi. Errore 3):FONDAMENTALE è prendere le cose come vengono, nel modo più naturale possibile e,se le cose non vanno come vorrebbe la natura, farsene una ragione.

  8. Lorenza Vianello, l’ho menzionato anche io quell’articolo, non lo hai visto nel mio pezzo?
    La ricerca c’è, non è l’unica e sembra anche fatta abbastanza bene (ma non sono qualificato per analizzarla a fondo). Il problema di fondo, al solito, è di comunicazione.
    La ricerca di per sé è neutra…
    (anche se la colpa è un po’ tua che leggi greenme 😀 Io è da un po’ che ho smesso che non li reggevo proprio 😀 😀 )

  9. Elena Kara Koz, grazie di aver condiviso la tua storia.
    A quali errori fai riferimento e, con il senno di poi, cosa faresti di diverso? /Andrea

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