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La chiave di lettura dei post sponsorizzati (e di nuovo Mellin)

Per prima cosa mi scuso per la lunghezza di questo post fiume che credo sia il più lungo di tutto il sito 🙂

Parlando essenzialmente della natura dei post sponsorizzati, può sembrare a prima vista non strettamente correlato alle tematiche di questo blog, ma se avrete la costanza e soprattutto la pazienza di leggerlo fino in fondo, credo vi convincerete che è attinente.

Scriverlo non è stato facile per la tanta carne che mette al fuoco, ma sono convinto che sia necessario avere una discussione franca e aperta sulla questione dei contenuti sponsorizzati in particolare dei blog su tematiche della famiglia e dei bambini (i cosiddetti mummy blog) per garantire che l’informazione che passiamo ai nostri lettori sia la migliore possibile.

Prendete ora una bella tazza di caffè e cominciamo… 😀

Papa sponsorizza un tonico miracoloso
Papa Leone XIII e il Vin Mariani“.
Sua Santità sembra prestare il suo volto alla pubblicità di un tonico. (Foto di pubblico dominio secondo Wikimedia Commons.)

Gestire un sito web, anche se a chi naviga in rete può non sembrare ovvio, porta via moltissimo tempo e costa soldi; potenzialmente tanti soldi. Più visite ricevi più ti porta via tempo e più ti costa, e questo è purtroppo un dato di fatto. Il problema che molti gestori di siti hanno è come poter guadagnare sufficientemente da poter mantenere il proprio sito per giustificare l’impegno che richiede.

Una delle maniere più comuni è quella di fare post sponsorizzati.

Un post sponsorizzato è un post che il blogger scrive, dietro compenso, su un determinato tema indicato dal cliente e che conterrà uno o più link al sito e/o al prodotto che si desidera far conoscere.

Queste forme pubblicitarie si fanno anche su scala più ampia, attraverso campagne mediatiche che coinvolgono più blog contemporaneamente. Le ditte chiedono loro di pubblicare uno o più post sponsorizzati e di farli uscire a scadenze ben precise per massimizzare l’impatto sul pubblico. L’idea è che si generi una specie di tam-tam mediatico, soprattutto se c’è il lancio di un nuovo prodotto.

Il problema è che talvolta spesso non è facile distinguere un contenuto, chiamiamolo, spontaneo da uno sponsorizzato. È possibile che venga richiesto al blogger non di scrivere una recensione o di parlare apertamente di un certo prodotto, ma semplicemente di parlare di se stessi aggiungendo un link pagato da qualche parte nel post senza apparente legame con un prodotto specifico.  Facciamo un esempio: il cliente chiede al blogger di trattare l’argomento “cenare al cinese”, dopodiché tu blogger puoi declinare il tema a tuo piacimento, come ad esempio parlare di te e della tua famiglia e delle vostre esperienze con il cibo cinese, corredando il post con fotografie di come vi destreggiate con le bacchette. Nel mezzo del post poi inserisci il link al sito della “Associazione Ristoranti Cinesi in Italia”, che è il cliente (ripeto, totalmente fittizio) che ti ha ingaggiato – e magari ti ha chiesto di non rivelare che eri stato pagato per scrivere questo post.

Parentesi tecnica molto breve: un sito più viene linkato da altri siti, più acquista prominenza sui motori di ricerca. Per questo motivo Google ha stabilito che i link pagati devono essere corredati del cosiddetto “NoFollow” di modo che Google capisca che quello che ha davanti è un link sponsorizzato. Forse questo è il motivo per cui in tanti spingono affinché i post sponsorizzati non vengano dichiarati come tali, in quanto così si evita di dichiarare i link a pagamento “NoFollow”migliorando il posizionamento in rete del sito linkato. Se uno non lo fa non va certo in prigione, ma Google può semplicemente mettere in castigo sia te che il cliente facendo scomparire l’uno, l’altro o entrambi i siti dai motori di ricerca.

Che io sappia al momento non c’è nessuna legge in Italia che obblighi a dichiarare, apertamente e in modo facile da individuare da parte del lettore, che certi contenuti sono a pagamento e a separarli chiaramente da quelli non sponsorizzati. In altre parole, al contrario di altri paesi, ognuno può fare come preferisce. (Se vi interessa potete vedere, a titolo puramente esemplificativo, cosa succede nel Regno Unito qui e qui o in America qui.)

La responsabilità di quello che si pubblica su un blog è solo e esclusivamente del blogger.  Il blogger seguirà la linea editoriale che ha scelto per il proprio blog; lui/lei infatti può scegliere se fare post sponsorizzati o meno, può selezionare chi accettare come cliente, quali prodotti proporre e se rendere pubblico che un certo contenuto è a pagamento.

Prassi comune tra alcuni blogger è di giustificare il non rivelare in modo ovvio e trasparente che un certo contenuto è sponsorizzato scrivendo in coda al post una frase quale “in collaborazione con…” pensando che ciò li assolva da ogni responsabilità. Oppure, ancora più nebulosamente, si scrive tra le “tag” del post (che sono le parole chiave che descrivono l’argomento del post e che si trovano in piccolo da qualche parte sulla pagina web; qui le trovate un po’ prima dei commenti) qualcosa del tipo “post sponsorizzato“, “sponsor” e cose simili.

Segnalare un post sponsorizzato in questa maniera è chiaro? È sufficiente? È trasparente? No.

Che il post che sto per leggere sia sponsorizzato è, per me lettore, un’informazione essenziale e deve essere messo in chiaro in maniera inequivocabile prima del post stesso e non essere nascosta in piccolo in fondo alla pagina dove l’occhio non arriva (più avanti metto qualche esempio).

Espressioni dal significato chiaro e lampante, quali “post sponsorizzato da…”, vanno messe bene in evidenza prima dell’articolo e non alla fine, un po’ come accade per la carta stampata, così da poter dare al lettore la possibilità di scegliere se leggere quel contenuto o meno e, cosa più importante, consentirgli di leggerlo con l’appropriata chiave di lettura.

Sicuramente in molti settori mescolare contenuti sponsorizzati con quelli “spontanei” è prassi comunemente accettata – leggo ad esempio che in tanti si lamentano dei fashion blog – e non so quale sia quello più colpito, ma certamente i cosiddetti “mommy blog” non ne sono esenti, anzi…

Ciò che complica la questione è che se in un blog di moda puntano a farmi comprare, che so, un paio di scarpe, in uno di mamme le discussioni vertono quasi esclusivamente sui bambini e molto spesso le sponsorizzazioni riguardano la nutrizione (uno dei temi più sensibili, del resto, no?) ovvero baby food e latte artificiale per i piccoli, e merendine o snack per quanto riguarda i bambini più grandi.

Fare da portavoce a una sciarpa o a un paio di guanti è una cosa, ma accettare di mettere la propria reputazione al servizio dell’industria dell’alimentazione, a partire dalla prima infanzia fino all’adolescenza, è un’altra. Se da una parte possiamo disquisire se sia giusto pubblicizzare in modo surrettizio un negozio di abbigliamento, accettare sponsorizzazioni (nascoste o meno) da latte artificiale, omogeneizzati o merendine ha conseguenze concernenti la salute pubblica che non possono essere trascurate e che aggravano le già gravi implicazioni di carattere morale per la pubblicità non dichiarata.

Questo è particolarmente vero per il latte artificiale.

La nuova campagna Mellin e i post sponsorizzati

Vi voglio parlare di nuovo della campagna pubblicitaria della Mellin “istinto di mamma” che, dopo il lancio degli spot pubblicitari televisivi (abbiamo parlato dello spot Mellin qui, e abbiamo visto come le pubblicità dei latti di crescita/proseguimento vengano veramente percepite dal pubblico qui), ha investito anche il mondo del Web coinvolgendo diversi blogger. A quanto ho visto tra il 19 il 20 gennaio sono stati pubblicati cinque post da altrettanti blogger; questa la lista completa (se me ne sfuggito qualcuno, me ne scuso… non l’ho fatto apposta) in ordine alfabetico:

Genitoricrescono – Il mio non istinto di mamma

Mamma Felice – La sfida di diventare genitori

Al momento questo link mi apre direttamente il sito Mellin, per cui lo tolgo. Se volete leggere l’articolo di Mamma Felice provate a mettete nel browser questo indirizzo:

www.mammafelice.it/2015/01/20/la-sfida-di-diventare-genitori/

Così dovrebbe funzionare.

Se ci sono problemi con i link fatemi sapere immediatamente.

Ricomincio da quattro – Istinto materno? Forse, non subito

Sweet as a candy – Fidati del cuore

The yummy mom – Cos’è l’istinto materno

Tra tutti questi post l’unico che dichiara subito apertamente di essere sponsorizzato è quello di Genitoricrescono in quanto immediatamente sotto al titolo c’è una casellina blu con la scritta in bianco che dice “sponsor” (vedi figura)

GenitoriCrescono Istinto di mamma
La dicitura “sponsor” compare PRIMA dell’articolo

MammaFelice dichiara che il post è sponsorizzato in modo criptico posizionando una dicitura molto dopo la fine del post all’interno delle tag di cui parlavamo poco sopra, per cui all’atto pratico nessuno lo noterà (in figura si vede la fine del post e lo spazio prima di trovare “contenuto sponsorizzato”).

 

mamma Felice Istinto di mamma
Notare la distanza tra la fine del post e la dichiarazione che siamo di fronte a un contenuto sponsorizzato.

Yummy mom non ha messo alcun link, quindi in teoria non so se si possa parlare davvero di articolo sponsorizzato; che sia una semplice svista?

Gli altri articoli non mi pare abbiano alcun riferimento al fatto che ci troviamo di fronte a un post scritto a pagamento. L’unico indizio che abbiamo a disposizione sulla vera natura di quello che leggiamo è che tutti finiscono con la dicitura “in collaborazione con Mellin Fidati del cuore“, con link verso la pagina della Mellin (che volutamente ometto).

È sufficiente dire “in collaborazione” per far capire la natura di quello che stiamo leggendo? In teoria sì, almeno a leggere il dizionario Treccani che dice, tra le altre cose:

Collaborazione: 2. Nel diritto del lavoro, obbligo che ha il prestatore di lavoro subordinato di prestare la propria attività manuale o intellettuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore; o, con visione bilaterale, l’unione degli sforzi delle due parti del rapporto di lavoro per il raggiungimento di un fine produttivo comune.

In pratica però sono convinto che il lettore casuale non coglierà la sottigliezza che il contenuto che sta leggendo è sponsorizzato. Ma soprattutto la dicitura si trova alla fine del post e non all’inizio, quindi volenti o nolenti siamo stati esposti a un contenuto pubblicitario senza che potessimo scegliere se leggerlo o meno.

Che differenza fa se un articolo è sponsorizzato o meno? Dopo tutto quello che conta è il contenuto, no?

Certamente vero, ma facciamo un esperimento. Qui di seguito riporto alcune frasi prese dai vari articoli:

– Genitoricrescono

[…] neomamme: non avete i superpoteri e non siete insostituibili.
Siete essenziali, determinanti, ogni errore lascerà il segno, così come ogni vostra azione. Ma siete, fortunatamente, sostituibili.
[…] Quando sarete schiacciate dal senso di responsabilità, dall’incomprensione, dal dubbio, vi renderete conto che l’inesistenza dell’istinto materno come unico, invincibile legame nella relazione con vostro figlio, sarà un enorme sollievo.

Ora provate a leggere lo stesso passaggio così (immaginate in sottofondo il narratore, rigorosamente maschio e dalla voce autorevole, che a ogni frase vi ricorda chi ha sponsorizzato quello che leggete…):

[…] neomamme: non avete i superpoteri e non siete insostituibili. (In collaborazione con Mellin Fidati del cuore)
Siete essenziali, determinanti, ogni errore lascerà il segno, così come ogni vostra azione. Ma siete, fortunatamente, sostituibili. (In collaborazione con Mellin Fidati del cuore)
[…] Quando sarete schiacciate dal senso di responsabilità, dall’incomprensione, dal dubbio, vi renderete conto che l’inesistenza dell’istinto materno come unico, invincibile legame nella relazione con vostro figlio, sarà un enorme sollievo. (In collaborazione con Mellin Fidati del cuore)

Improvvisamente quello che poteva essere un pensiero condivisibile, ma certamente interessante, acquista una connotazione davvero sinistra e manipolatrice.

– Sweet as a candy

Ogni bimbo è a sé, ogni mamma è a sé e ciò che conta è solo il proprio cuore.

Nonostante il messaggio sia più positivo e per molti versi scontato, l’approvazione della Mellin che ci dice di “fidarci del cuore” fa diventare il tutto sospetto… Cosa devo pensare se una ditta di latte artificiale e baby food mi dice di “fidarmi del cuore”? Cosa si aspettano che io faccia? Presumo che se il mio cuore mi dice di comprare un barattolo di quello_che_vi_pare devo seguire il mio cuore e faccio sicuramente bene… Dopo tutto la loro campagna dice che la mamma di Amelie ha trovato la tranquillità nella scatola blu.

Logo Mellin

Avete mai riflettuto, quando lo slogan dice “fidati del cuore”, a quale cuore stia facendo riferimento la pubblicità? A quello della madre o a quello della Mellin? Dopo tutto questo è il logo Mellin…

 

– Ricomincio da quattro

Istinto materno? Si vende al supermercato?

Questo è la frase che si trova all’inizio del post… Sembra una presa in giro, ma non lo è. Certo mi sorprende gli editor non abbiano cambiato quella frase; gli sarà sfuggita (sì, in caso non lo sapeste, i post vengono approvati dagli sponsor prima della pubblicazione). Ma appena leggi che è stato fatto “in collaborazione con Mellin” la domanda assume un tono degno della miglior satira, anche se molto probabilmente inconsapevole.

– Mamma Felice

Forse è stata questa la mia sfida di madre più potente: imparare a gestire la mia umanità, capire che dentro di me ci sarebbe sempre stata questa dicotomia tra la madre perfetta e la madre migliore per mia figlia

Anche qui, mettiamo in coda a questa frase il nome dello sponsor e una frase normale e perfettamente condivisibile diventa un tentativo di sminuire e manipolare il lettore, manipolando al tempo stesso lo scrivente che utilizza la propria esperienza e la propria faccia per dare credito a una campagna pubblicitaria.

– Yummy mom

Io credo che l’istinto materno sia la capacità di spegnere il cervello di fronte ai numerosi consigli non richiesti, metodi a prescindere (ottimi spunti ma mai verità assolute) e mettersi ad osservare il proprio bambino, ascoltarlo e capire di cos’ha bisogno.

Insomma, sapete quello che dovete fare…

L’articolo con o senza sponsor assume una valenza e un significato del tutto diversi e una volta scoperto chi ha pagato per farlo pubblicare è impossibile leggerlo con gli stessi occhi.

In questi post entra sempre lo scontro tra “perfezione” e “realtà”. La perfezione è rappresentata dall’allattamento, la realtà è racchiusa nella scatola blu e la mediazione tra le due è offerta dall’istinto di mamma che ci dice di fidarci del cuore. Dopo tutto nessuno può illudersi di essere perfetto.

La reputazione del blogger

La Mellin nello scegliere il “tema” da far svolgere alle blogger è stata molto accorta, dopo tutto che c’è di male ad avere 5 mamme che parlano delle loro esperienze? Come se ciò non bastasse e per personalizzare ancora di più il messaggio, 4 su 5 blogger hanno deciso (di loro spontanea volontà?) di utilizzare foto di famiglia per illustrarlo, così abbiamo madri con figli, madri con figli appena nati, figli più o meno grandi, ecc. Insomma, non solo hanno prestato la reputazione del loro blog a questa campagna, ma ci hanno messo letteralmente il loro volto e quello dei loro figli. Quindi la campagna “Fidati del cuore” ha così dei testimonial d’eccezione che, per dimostrare quanto ci credono, non esitano a esibire anche le loro famiglie, un po’ come il Santo Padre che pubblicizza con la sua foto un tonico.

Evidentemente il cuore gli dice di fidarsi, ma fanno bene?

Il tema della reputazione è davvero chiave quando si parla di post sponsorizzati: alcune volte la reputazione ti fa vivere di rendita, ma se la perdi…
Sempre su Genitoricrescono un commento dice:

Vi ho eliminato dalla lista dei siti preferiti

mentre un altro apre così:

Uh come lo sento, questo articolo. Anche se è sponsorizzato Mellin […] conosco benissimo la vostra integrità e ciò mi basta.

Cosa intendeva la commentatrice per “integrità”? Forse credeva che l’autrice del post non fosse stata pagata. O che non condividesse il tema della campagna. O forse, e questa è la possibilità che credo più probabile, che se genitoricrescono sponsorizza questa campagna pubblicitaria, allora deve essere meritevole, altrimenti la loro “integrità” ci garantisce che non ne avrebbero parlato.

Personalmente tendo a fidarmi delle persone quindi non ho problemi a credere che le autrici dei cinque post che ho linkato in alto abbiano scritto quei pezzi dicendo davvero cosa pensavano. Anzi, molto probabilmente chi ha venduto loro questa campagna pubblicitaria lo ha fatto convincendole che davvero non c’era niente di male e che la Mellin in questo caso davvero non poteva essere criticata.

Non per mettere Genitoricrescono sotto il microscopio, ma quando l’autrice del pezzo dice nei commenti allo stesso, e in risposta a qualcuno che si lamentava della sponsorizzazione, che

Abbiamo deciso di non parlare di alimentazione. Gli argomenti della campagna saranno a più ampio respiro.

sento il rumore di unghie che cercano di far presa sugli specchi. Non so come si evolverà la campagna (con un po’ di fortuna non mi capiterà di vederla in giro, ma ci credo poco), ma dire che siccome hanno “deciso di non parlare di alimentazione” allora lo sponsor diventa accettabile, fa davvero ridere… L’autrice di cosa pensa che abbia parlato nel suo post? Forse che la Mellin, assieme a latte formulato e baby food, vende anche mobilio e macchinari industriali, per cui riesce a scindere i vari settori del business?

Ricomincio da quattro a una simile critica risponde così:

non credo che sia questione di accostare istinto materno a Mellin, quanto far emergere cosa sia l’istinto materno per ogni donna, io la vedo così. Mellin è un’azienda, un brand, e credo che il messaggio che vuole trasmettere sia davvero “seguite il vostro istinto”. Non ho ricevuto pressioni per scrivere il mio post, ho scritto solo quello che ho voluto davvero penso.

Probabilmente i blog post sono stati scritti prima che la campagna Mellin cominciasse, per cui chi li ha scritti non sapeva bene per cosa o di cosa stesse scrivendo e ora ci si trovano in mezzo loro malgrado. Così proprio come il pubblico viene manipolato tramite lo slogan “segui il tuo istinto”, così anche le mamme blogger sono state portate a credere da chi le ha ingaggiate che questa campagna non fosse quella che veramente era.

Tanto per dire, immaginiamo una campagna dal titolo “Le prime volte” dove un certo numero di blogger descrivono varie “prime volte” dei loro figli. Così parlano dei primi passi, del primo giorno di scuola, del primo giorno passato fuori casa, della prima volta che uscivano da soli, ecc. Poi leggi che lo spot era offerto dalla Marlboro: a che conclusione giungi? C’è niente di male nel post? Dopo tutto la blogger ha parlato della propria esperienza e delle “prime volte” del proprio figlio e non ha mai menzionato né le sigarette né la Marlboro. Forse estendere al concetto di “Prima sigaretta” sarebbe così audace? Credete che sarebbe ardito pensare che si stia tentando di normalizzare il modo in cui i genitori vedono il fumo negli adolescenti?

Tornando alla campagna Mellin, un’idea di cosa parlerà in futuro ce la dà Sweet as a candy che dice:

In questo lungo progetto affronteremo insieme alcuni dei temi più cari a noi mamme: il risveglio, la nanna, la pappa, il gioco, i capricci e più in generale le grandi emozioni nel loro complesso. Sarà un percorso che ci accompagnerà fino al prossimo Autunno.

Oddio… 9 mesi di post sponsorizzati (nascosti)? Tremo al solo pensiero.

Ma abbiamo bisogno davvero della Mellin per parlare di “alcuni dei temi più cari a noi mamme”? La mamma blogger per definizione non dovrebbe parlare proprio di quelle tematiche? Quindi che bisogno c’è della Mellin? Perché Sweet as a candy ha deciso che questo progetto era così meritevole da trasformarsi in uomo-… anzi donna-… anzi… mamma-sandwich da dovervi apporre la foto propria e dei suoi figli?
Il post continua così:

Sono entusiasta ed onorata di far parte di questo team fantastico e vi aspetto in tante sia sul blog che su Facebook per condividere con tutte noi le vostre esperienze.

Evidentemente questa chiusa trionfalistica, in cui sembra che la blogger lo faccia per la gloria – perché appassionata al progetto e senza che ci sia stato alcuno scambio di denaro – è più forte del “in collaborazione con Mellin” in coda, considerato che tra le quasi 40 persone che hanno commentato  nel sito e sulla pagina Facebook, forse 2 si sono forse rese conto che quello che leggevano era un post pubblicitario e non un’iniziativa creata e sviluppata da Sweet as a candy e nessun altro.
No, la dicitura “in collaborazione con” non è sufficiente affinché il lettore medio capisca con chiarezza davanti a cosa si trovando.

Solo la Mellin fa campagne con le mamme blogger?

Concludo dicendo che di campagne di questo genere è piena la rete. Basta che andiate a spulciare uno qualunque dei blog che ho citato, vedere i loro posto sponsorizzati e fare una ricerca in rete per trovare articoli simili. Proprio ieri ho trovato un’altra campagna orchestrata in modo simile a quella della Mellin nel mio feed di Facebook…
Di solito non le vedo perché raramente leggo i mummy blog e questa campagna l’ho scoperta perché mi è stato linkato un articolo e da lì ho fatto qualche ricerca.

Per chi fosse interessato, qualche anno fa ho scritto un post fiume sulle mamme blogger omeopatiche (pieno di articoli sponsorizzati non dichiarati, ma quello era il meno) e più di recente si è parlato del medico in camice bianco che girava l’Italia nel tir blu, dove le mamme blogger si univano al medico della Mellin in tournée per l’Italia.

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22 risposte

  1. Ricominciodaquattro, se pensi che quello di Sara sia solo il suo punto di vista qual è il tuo? A tuo avviso perché un’azienda sta spendendo gazillioni di Euro per questa campagna e quali sono i suoi obiettivi?

  2. Mi intrometto nella discussione perché credo che il motivo di indignazione più forte risieda nella confusione che, per ignoranza, superficialità o interessi economici, si vuole creare sulla questione allattamento ed alimentazione dei nostri piccoli.
    Trovo personalmente UN COLPO BASSO utilizzare una campagna che sfrutta quel momento di estrema vulnerabilità (che tante mamme ricordano con dolore), di incertezza e spaesamento che purtroppo tanto spesso coincide con l’arrivo della nostra creatura. Lo so bene, perché l’ho vissuto e perché non sono tante le mamme che ho conosciuto che mi abbiano raccontato di un allattamento partito bene, che sia stato vissuto senza ansie da prestazione, senza interferenze e che non sia crollato sotto il peso della cattiva informazione. E lo stesso si può dire anche per lo svezzamento. Perché le mamme sanno.. ma troppe indicazioni sbagliate tendono a confonderle.

    Questo credo sia il punto. Ovvero, non sarebbe un problema che una, due, cento mamme blogger esprimessero un’opinione sincera e trasparente (giusta o sbagliata non conta, perché di opinione personale si tratta) sul tema dell’alimentazione del bambino, a patto che la rivolgessero a mamme informate, preparate, libere da pregiudizi. Ma non è così purtroppo. È sbagliato, a mio avviso, che possano veicolarsi messaggi distorti su questo tema, fino a che non ci sarà chiarezza in merito. Fino a che non si smetterà di additare come “talebane estremiste” le mamme che scelgono di allattare fin dopo l’anno, fino a che gli ospedali non smetteranno di dimettere neonati con l’aggiunta di formula, fino a che i medici non cesseranno di caldeggiare l’uso di baby food o di costringere povere mamme ignare a inutili e demenziali calvari. Perché è uno scontro impari.

    Fino ad allora, bisognerebbe vietare il diffondersi di messaggi fuorvianti, pericolosi e semmai privi di fondamento scientifico. Soprattutto da mamma a mamma..

  3. Ricominciodaquattro , ciao Adriana,
    non dici che il post è sponsorizzato perché chi legge deve saperlo a MONTE (vedi genitoricrescono) e non a valle. Se io sono esposto a un contenuto e solo dopo so che è una pubblicità, il danno è fatto, no? A te piacerebbe vedere un film pensando che sia un film e invece scopri che è una televendita?
    Che “in collaborazione con…” non sia sufficente è provato dal blog di sweet as a candy dove, come ho detto, su una quarantina di commenti solo in 2 casi è venuto fuori il dubbio che il progetto fosse Mellin e non della blogger. Non so se hai un disclaimer da qualche parte nel sito, ma anche quello ha valenza zero, in quanto, di nuovo, il lettore dovrebbe andarselo a cercare prima di leggere un post qualunque, e quand’anche lo facesse dovrebbe andare alla fine del post per scoprire che quel contenuto è sponsorizzato.
    Il fatto che l’articolo l’abbia scritto tu e non terzi è immateriale. Rimane il fatto che c’è stato uno scambio di denaro che va reso noto al lettore.
    Pensa che bello se i giornali fossero pieni di articoli pubblicitari, ma il fatto che siano pubblicità è talmente ben nascosto che ci vuole un segugio per scoprirlo.
    Per vedere quanto sia importante sapere a priori cosa leggiamo, fai il test delle Marlboro come suggerisco nel post e vedi la differenza di interpretazione tra sapere e non sapere dello sponsor e come ci rimarresti da lettore a scoprirlo DOPO averlo letto.

    In conclusione, il fatto che il post non sia stato dichiarato come sponsorizzato mi sembra fuor di dubbio. Leggiti le normative inglesi e americane che ho linkato e lo vedi scritto nero su bianco.
    Capisco che in Italia non ci sia una legge al momento ma non trovo che questa sia una scusante. Capisco anche che in molti/troppi lo fanno, per cui tu magari ti sei adeguata a quello che sembra lo standard corrente, ma ciò non lo rende giusto né lo giustifica.
    Ma poi, che problema c’è a scrivere “Post sponsorizzato da XXX” all’inizio del post in grande e in modo leggibile? C’è così da vergognarsi che uno scrive post sponsorizzati per giustificare il micro disclaimer messo alla fine del post con tanto di link a pagamento? (Ah, ricordati di mettere quel link NoFollow se vuoi evitare che Google ti metta in castigo :D)

    Per quanto riguarda il contenuto della campagna, ti rimando ai ziliardi di parole che sono state scritte da quando il primo spot ha fatto capolino in televisione. Se non lo hai letto, io ho scritto questo:
    http://www.autosvezzamento.it/pubblicita-istinto-di-mamma/
    e poi puoi leggere anche questo:
     
    http://www.autosvezzamento.it/pubblicita-latte-proseguimento-artificiale-donne/
    per completare il quadro.
    Mi pare che i dati parlino da soli…:D

  4. Il vostro blog è uno dei pochi che seguo. Non mi piacciono proprio per i motivi da te citati. Non mi piacciono le prese in giro, e non mi piace che mi propinino pubblicità ingannevole. Per quanto riguarda Facebook (non ho un profilo su Twitter) mi sembra siano più spudorati e meno subdoli. Proprio oggi ho fatto in modo che non mi apparisse più la pubblicità di un’altra casa di latte artificiale

  5. Ricominciodaquattro Cara Adriana, se hai avuto un’esperienza tramuatica rispetto all’allattamento, non è certo colpa tua ma è colpa di tutti quelli che attorno a te non hanno saputo o voluto darti adeguata informazione, sostegno, aiuto pratico. 
    Le donne sono e devono rimanere libere di scegliere come alimentare il proprio bambino, altroché. Allattare o usare il latte artificiale non è però di una scelta equivalente, come scegliere se mettere una maglietta rossa o gialla. Perché si tratti di una scelta veramente libera, le donne (e gli uomini) devono ricevere infomazioni corrette, aggiornate e assolutamente indipendenti da interessi commerciali. Devono sapere quali sono i vantaggi dell’allattamento e i rischi dell’alimentazione artificiale (qui da noi, in Europa, non nel terzo mondo. E che qualcuna non venga a dire “mio figlio è cresciuto a latte artificiale e non ha mai avuto un raffreddore”: parliamo di statische e di maggiori proabilità di avere determinate malattie, non di certezza assoluta).
    Quindi Mellin non è esattamente la fonte di informazione migliore, dato che è una SpA e non una ONLUS, quindi lo scopo di Mellin è venedere. Ah, le scrittine a caratteri microscopici su “quanto è figo allattare” sono messe solo per obbligo di legge. 
    Lo scopo di tutta la campagna Mellin è evidente:
    1- il primo è promuovere il latte artificiale tout court, e non solo il latte di crescita (quello che propongono dai 12 mesi e che EFSA, OMS ecc ritengono inutile). E’ evidente e Andrea lo ha spiegato chiaramente.
    2- associare l’istinto di mamma all’usare i loro prodotti, una “captatio benevolentiae” rivolta a tutte le mamme…. i vari blog sotto sotto dicono “tranquilla, se non hai quell’istinto di mamma da manuale di etologia [che quindi tra le altre cose ti porta a non allattare], sul quale si spreca molta retorica moderna, vai tranquilla che c’è Mellin”.
    Nessuno dice cretinate tipo “mamme di serie A” e “mamme di serie B”, non è una gara a chi è più mamma, ma per carità.
    Capisci che però associare l’istinto a un prodotto artificiale è una contraddizione nei termini.
    Perdona il paragone crudo e se vogliamo un po’ cretino…. è come se in una coppia uno appagasse il desiderio sessuale dell’altro (leggi “istinto”) con succedanei artificiali.
    Per carità, ci sarà chi lo fa e ha i suoi buoni motivi…. ma esportarlo come norma, magari no….
    Trasponiamo questa pubblicità con il mio esempio molto greve….metti la donnina della pubblicità che dice “oddio che paura la prima volta, non sai mai cosa devi fare, come comportarsi, e cosa mettermi, e chissà cosa penserà di me….penserà che sono inesperta, o magari penserà male perché ne so troppo….ma ho seguito il mio istinto e gli ho comprato questa meravigliosa bambola gonfiabile! ora lui è soddisfatto e io sono serena”…
    Assurdo, vero?

    Tu, e le altre blogger, siate state usate come “testimonial” e probabilmente ne siete consapevoli fino a un certo punto.
    Ho capito il meccanismo usato, l’ho letto sul tuo blog. 
    Intanto “La pubblicità deve essere palese,
    veritiera e corretta.” 
    (art.1 comma 2 –  Decreto Legislativo 2 agosto 2007, n. 145 –
    Pubblicità ingannevole) 
    Tralasciando il veritiera e corretta, di certo in questo caso non è palese.
    Dovrebbe essere scritto a caratteri cubitali. In un blog mi aspetto la pubblicità nei banner di lato, non mi aspetto che il post sia una pubblicità.
    Il tuo post non ha nulla di male, preso da solo.
    E’ l’abbinamento alla campagna Mellin che lo rende criticabile….perchè la conclusione che se ne trae è sempre la stessa: l’istinto di mamma porta a usare Mellin.

  6. Ciao Andrea, 
    io faccio parte della campagna e non ho mai nascosto che il post fosse sponsorizzato. Tu mi fai notare che non è evidente, lo renderò più evidente anche se non credo serva.
    Quello che io non capisco, e non capisco davvero credimi, è il problema di fondo, da dove nasce tutto questo accanimento contro questa campagna. Io ti chiedo di spiegarmelo perché vorrei davvero capire.
    Ripeto, mi hanno chiesto di partecipare, ho accettato e scritto quello che ho voluto. Loro hanno letto il mio post e non mi hanno chiesto modifiche (che probabilmente non avrei fatto) perché il post doveva essere, ed è, personale. 
    La frase iniziale, che a te fa ridere, è quello che davvero ho pensato perchè, forse tu non sai, io ho avuto il primo figlio molto giovane ed ero sola, una ragazza madre insomma, anche se non l’ho mai sottolineato.
    Ancor prima di questa campagna io ho sempre “sponsorizzato” la libertà di decidere il tipo di allattamento perché ho avuto un’esperienza traumatica con quello al seno.
    Aspetto la tua risposta, 
    grazie 
    Adriana

  7. Chiara Maci però era palesemente sponsorizzata dalla Mellin, qua secondo me si parla più di sponsorizzazioni nascoste.

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